il consigliere provinciale

Renzler: «Ero alcolizzato Trent’ anni fa ho smesso»

BOLZANO. «Mi sono salvato grazie al mio direttore, Antonio Giuseppe Morciano, che un giorno venne in ufficio e mi disse chiaro e tondo: “O smetti di bere o dobbiamo licenziarsi”. In quel momento ero...



BOLZANO. «Mi sono salvato grazie al mio direttore, Antonio Giuseppe Morciano, che un giorno venne in ufficio e mi disse chiaro e tondo: “O smetti di bere o dobbiamo licenziarsi”. In quel momento ero sufficientemente lucido per capire che le conseguenze, se avessi perso il posto, sarebbero state disastrose». Era il 4 settembre del 1984: d’allora Helmuth Renzler, 61 anni, consigliere provinciale della Volkspartei, non ha più toccato neppure una caramella al liquore. Nella sua pagina facebook ha postato una foto con l’immagine di una grande torta per festeggiare i trent’anni senza alcol.

«Io sinceramente - racconta - non l’avrei fatto: è stato il mio amico Gerhard, che ha vissuto una storia simile alla mia, a propormi di festeggiare questo traguardo».

Quanto beveva?

«Tanto: mi ubriacavo due volte al giorno. E fumavo due pacchetti».

Ha chiuso anche con le sigarette?

«No, non potevo privarmi di entrambi. Al medico ho detto: “Posso rinunciare ad una cosa, scelga lei”. Lui mi consigliò di smettere di bere».

Dopo l’aut aut del suo direttore cosa fece?

«Andai in ospedale ma mi dissero che i letti erano tutti occupati. Dovevo aspettare tre settimane, allora pregai il medico di chiamare il direttore dell’Inps e spiegare la situazione».

Dopo tre settimane era di nuovo lì.

«Sì, mi fecero un check up completo. Fortunatamente non c’erano danni fisici. Da quel 4 settembre avevo smesso di bere, il problema era resistere alla tentazione di ricominciare. L’alcolista è un malato e le ricadute sono dietro l’angolo».

Lei come ha fatto?

««Ho seguito per due anni il gruppo creato da Cesare Guerreschi all’ospedale: c’erano uno psicologo e un medico. Poi ho cominciato a lavorare sulla forza di volontà, andando in montagna: ogni sabato mi imponevo di fare gite sempre più impegnative. Una volta che smetti di bere, è importante anche scavare dentro di sé, per risalire alle cause che ti hanno portato a iniziare».

Le ha individuate?

«Ho perso mio padre a 16 anni e a quell’età è una mancanza che pesa. Da figlio unico avevo un rapporto piuttosto conflittuale con mia madre. Ho cominciato a bere da ragazzino e la situazione è peggiorata ulteriormente quando sono andato in Germania a lavorare».

Se il suo direttore non le avesse imposto di smettere, da solo l’avrebbe fatto?

«No, perché ero convinto di poter smettere quando volevo. Non era così. Forza di volontà e motivazioni sono determinanti». (a.m)













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