Bolzano

Sacerdoti in prima linea a Bolzano: “Ospitiamo i profughi ma rischiamo”

Don Zuliani, parroco a Don Bosco: «Mi hanno chiesto di accogliere i rifugiati. Ho risposto da cristiano. Ma se succede qualcosa finisco nei guai»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Mi hanno telefonato alcuni volontari, pregandomi di accogliere questo gruppo di migranti che fino a pochi giorni fa era ospitato da don Mario Gretter. Lui però, come per altro si sapeva, in questi giorni è fuori Bolzano e quindi erano su una strada. Ho risposto da cristiano, mettendo a disposizione una sala della parrocchia». Don Gianpaolo Zuliani - 43 anni, cresciuto nella “parte” elegante della città, dal 2014, vista la carenza di sacerdoti, è parroco a Don Bosco e a San Pio X - l’altra sera ha aperto le porte del grande complesso nel cuore del quartiere popolare.

Quante persone sono in tutto?

«Ventisette. Li ho sistemati come ho potuto: tutti in un grande locale con un unico bagno e nessuna doccia. Del resto è sempre meglio che lasciarli sotto un ponte: almeno qua sono al caldo. Stanotte mi sono svegliato intorno alle due e ho pensato che dovevo farlo. Io ho una casa e mangio due volte al giorno, ma non ho fatto nulla di particolare per meritarmi questo. Loro non hanno nulla: fuggono da situazioni disperate. Nessun muro riuscirà mai a fermarli. Un cristiano e ancora di più un prete non può far finta di niente».

Per quanto li ospiterà?

«Io ho detto tre giorni».

Ma tre giorni passano subito e dopo?

«È facile prevedere che i giorni alla fine saranno di più».

Il suo, come quello di altri sacerdoti e volontari, è un gesto di grande generosità, ma si espone a dei rischi.

«Lo so perfettamente. Ho informato la questura; l’altra sera ho chiamato anche il 113 per dire che in parrocchia ospito questi migranti. Ma so perfettamente che se dovesse succedere qualcosa, ne dovrei rispondere personalmente. Perché se ad un migrante capita qualcosa al parco della stazione non è colpa di nessuno, ma se succede in una struttura che in tutto e per tutto non sia a norma, sono grosse grane per chi ha dato ospitalità. Stesso discorso se qualcuno di loro dovesse comportarsi male. Ma cosa dovevo fare? Papa Francesco continua ad esortare tutti all’accoglienza e alla carità. Anche se fare carità è difficile».

Cosa significa?

«Che ogni caso è diverso. Queste persone a mio avviso andavano aiutate».

Ha parlato con loro?

«Con un paio sì. Mi sono sembrate persone molto dignitose. Ho raccomandato loro di comportarsi bene, magari di non uscire tutti in gruppo nello stesso momento, per non dare troppo nell’occhio».

La preoccupa la reazione del quartiere?

«Ho parlato con qualcuno al telefono: le prime reazioni non mi sembrano negative. Certo è che Don Bosco è un quartiere complicato. C’è chi dice: “io non arrivo a fine mese e c'è chi ottiene la casa". Lo capisco, ma a loro volta queste persone devono imparare a vedere gli "altri": chi arriva da noi ha alle spalle una storia sicuramente peggiore».

E per mangiare questo gruppo di migranti come fa?

«Si arrangiano in qualche modo: ci sono dei posti in città dove distribuiscono i pasti. Questa mattina non avevo niente per la colazione, mi voglio però organizzare, magari chiederò agli scout di darmi una mano».

Secondo lei le istituzioni fanno abbastanza per aiutare questi disperati: c’è chi dice che fanno troppo e chi accusa di fare troppo poco.

«Non parlo di quello che fanno gli altri. Anche perché non conosco esattamente la situazione e neppure cosa prevedono le norme».

Da più parti si dice che le parrocchie dovrebbero fare di più.

«Le parrocchie fanno già molto per aiutare chi ha bisogno. Certo è che non si può aiutare tutti».

Ma si potrebbero forse mettere a disposizione dei locali inutilizzati che sicuramente ci sono.

«Pronto a farlo».

Come ha detto scusi?

«Che qui nella parrocchia Don Bosco abbiamo degli spazi inutilizzati: si potrebbe metterli a disposizione per accogliere chi dorme su una strada. Anche in considerazione del fatto che non siamo davanti ad un fenomeno passeggero».

E allora perché non li mette a disposizione subito?

«Perché non sono a norma. E quindi vanno adeguati alle disposizioni in materia di sicurezza. In ogni caso, al di là delle norme, a queste persone va data una sistemazione che sia minimamente dignitosa».

Qual è la sua proposta?

«Semplice: se c’è qualche imprenditore che sia disposto a farci i lavori, io metto a disposizione i locali per ospitare chi ha bisogno. Ciò nella convinzione che - lo ripeto - questo della migrazione di massa non sia un fenomeno passeggero. Dovremo imparare a conviverci».













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