Sfida italiana al vuoto della Svp

di Sergio Baraldi


Sergio Baraldi


Nel sistema politico dell'Alto Adige si è aperto un vuoto: il deficit di progettualità della Svp. Non è solo Durnwalder che governa con il fantasma del progetto, è tutto il suo partito che, da tempo, si muove senza una vera bussola che non sia quella identitaria. Il vuoto al centro del sistema è insieme un vincolo per la società e un'opportunità per la politica: apre uno spazio di movimento alle forze che intendono competere. Difatti, la Svp lascia a destra un ampio margine, che le forze radicali stanno cercando di colmare, senza essere riuscita a controbilanciarlo con un posizionamento che trovi una sintesi politica convincente. Ma uno spazio si schiude anche per la politica italiana, che oggi compie i primi passi in una sorta di terreno post ideologico. Per la prima volta, tutti ritengono necessaria la collaborazione con la Svp. Anche il centrodestra è arrivato, sconfitta dopo sconfitta, alla medesima conclusione, fino a strafare con l'ex ministro Bondi e il governo Berlusconi. Sta di fatto che il centrodestra potrebbe concorrere con il centrosinistra, e il Pd in particolare, al rango di alleato. E' vero che in questo percorso le contraddizioni del centrodestra non mancano. Ma la biografia dei partiti è un cantiere sempre aperto e quello che conta sono le prossime competizioni elettorali. E la novità, oggi, è che tutto il mondo politico italiano ritiene necessaria l'alleanza con la Svp. Sbagliano?
A mio avviso, non sbagliano. Il sistema qui non è strutturato per un' alternativa, dato che è difficile immaginare di governare con la destra radicale tedesca. C'è contraddizione tra l'affermazione che la Svp è priva di un progetto e sostenere che occorre allearsi con quel partito? La contraddizione, naturalmente, c'è. Si può superare in una dialettica nuova. Inoltre, proprio questa antinomia crea l'opportunità per la politica italiana.
Il partito di maggioranza di lingua tedesca è preso dalle sue manovre interne e non riesce a esprimere una politica che sappia parlare a tutta la società. E' come se la Svp non riuscisse a liberarsi del complesso di sentirsi minoranza in Italia, un pensiero che rispecchia un dato reale.
La Svp sembra avere difficoltà a concepirsi minoranza nazionale e a viversi come maggioranza territoriale, assumendosi la responsabilità di avanzare una proposta di governo valida per l'intera società altoatesina. Magnago seppe farlo con l'idea dell'autonomia. Per il resto, la Svp parla quasi sempre a se stessa, vale a dire solo «al» e «per» il mondo tedesco. Tuttavia, settori di quel mondo oggi cominciano a non riconoscersi nel suo attendismo. Ieri il nostro Maurizio Dallago ha raccontato nomi e alleanze che si agitano dentro il partito di raccolta in vista del 2013. Colpisce che le correnti della Svp girino attorno a candidati e posizioni di potere, mai attorno a una visione del futuro. E' certamente positivo che la Svp programmi un ricambio generazionale, ma si ferma alle persone senza includere la cultura politica. Il dopo Durnwalder, se ci sarà, è immaginato in termini di nomi, di rapporti di forza, non di una leadership per un progetto. Il conflitto è su chi comanda non sulla strategia per il domani. La Svp si schiera attorno al "chi" quasi mai al "che cosa". Quando il che cosa compare, in genere. si tratta di interessi elettorali localizzati. La debolezza attuale della Svp sta in questa impossibilità di trasformarsi da "partito di raccolta" in "partito politico", sia pure di origine etnica, in grado di guidare la società sulla base di una visione. La maggioranza tedesca ha difficoltà a pensarsi maggioranza, ma re-agisce come minoranza.
I partiti italiani soffrono del difetto uguale e contrario: si pensano come minoranza demografica, e in effetti lo sono; ma sono anche i rappresentanti di una maggioranza nazionale. Anch'essi faticano a uscire dal confine, esattamente come la Svp. Entrambi si rinforzano a vicenda nella paura di essere minoritari, e non pochi esponenti politici italiani danno l'impressione di avere introiettato un'idea di subalternità, che impedisce loro di immaginare una convivenza sul piano dell'eguaglianza. Le due crisi sono speculari: la politica tedesca e quella italiana soffrono lo stato di minoranza, una nazionale l'altra locale, che non ha consentito di rielaborare il senso del confine etnico. Ma oggi la situazione sta cambiando anche in Alto Adige. Quello che peserà non sono solo i numeri della popolazione, diventa cruciale la capacità di orientare la società, di interpretarne i bisogni e le domande, di far riscuotere ai cittadini (qualunque lingua parlino) un riconoscimento dei diritti individuali, di rispondere a emozioni collettive.
Si capisce che la dimensione etnica abbia monopolizzato la vita pubblica dell'Alto Adige, ma le trasformazioni intaccano nel profondo la società e stanno facendo emergere nuove sfere pubbliche. C'è la dimensione che si può riassumere nella opposizione apertura-chiusura, che riflette il contrasto tra la domanda di sicurezza e tradizione, e quella di libertà e di aspirazione a gestire il cambiamento. La seconda è la dimensione dell'universalismo-particolarismo, che rispecchia il conflitto tra desiderio di impegnarsi per il benessere anche degli altri e la ricerca del successo e del potere personali. La novità è che queste due dimensioni sono trasversali alla sfera etnica, e stanno decostruendo dal basso la società altoatesina, rigidamente separata in gruppi linguistici. La fatica a governare di Durnwalder e della Svp (si pensi alla sanità o all'economia) nasce dall'impossibilità a dare una proiezione di governo ai fermenti dei settori più avanzati della società (tedesca e italiana), che pongono domande inedite. Non è un caso che il distacco tra politica e società sia apparso nell'economia con le imprese che si confrontano con le nuove condizioni della competizione internazionale.
Anche i partiti italiani sono chiamati a rimuovere il trauma dello stato di minoranza e a diventare consapevoli che nella società moderna conterà meno il numero delle truppe e di più la loro qualità strategica. Guidare e rappresentare il cambiamento tenendo conto di tutti gli interessi e valori in campo, ecco il cuore della sfida. Il che non significa realizzare oggi partiti interetnici (domani forse sarà così), ma comprendere da italiani le ragioni e gli obiettivi degli "altri" e saperle incorporare in una visione generale del futuro. E' quello che sul piano storico spiega oggi in modo esemplare Di Michele nel suo articolo sulle celebrazioni del 25 aprile: capire il dolore degli altri. Sviluppo e ambiente, immigrazione e sicurezza, bilinguismo e innovazione, sono le chiavi del futuro, i capitoli da scrivere di un progetto per l'Alto Adige del 2020. La Svp, si vede ogni giorno, da sola non ce la fa a riempire questo libro. Sanno il Pd, il Pdl, i verdi e le altre forze politiche intervenire? O lo spettacolo che la politica italiana è in grado di allestire è quello noioso del Comune di Bolzano con la sua paralisi e la sua scarsa competenza? La sfida si può giocare sull'offerta ai cittadini. Vorrei tornare a indicare come modello la scuola italiana pervasa dalla febbre del bilinguismo, che sperimenta e preme per realizzare nuove iniziative. Una scuola che agisce su impulso delle famiglie e dei docenti, che per una volta la politica ha compreso e trasformato in progetto. Un'esperienza in apparenza limitata, che però sta espandendo i suoi effetti e scuotendo scuola e politica tedesca, perché si è collegata a un bisogno reale che supera la barriera etnica: la volontà delle famiglie di dotare i propri figli di competenze, cultura, conoscenza linguistiche adatte ad affrontare il mondo di domani.
Questo è il circuito virtuoso: partire dai valori, dalle istanze dei cittadini per definire l'agenda di una Grande Riforma i cui benefici tornino ai cittadini. E la dialettica è il mix di collaborazione-competizione con una Svp presa nel dilemma amletico del dopo Durnwalder. Occorre coraggio e autonomia.
Bisogna riconoscere che non c'è alternativa a un governo con la Svp; nello stesso tempo, si deve teorizzare un confronto aperto e fermo per spingere la Svp sulla via del riformismo. Il compito della "minoranza" italiana è cruciale per tutta la collettività: essere in grado di indicare la meta e il metodo a un partito di maggioranza che va in corto circuito quando deve esercitare il mestiere di progettare l'Alto Adige nell'Europa di domani. Come la squadra di calcio, la Svp si difende ma non segna un goal: difatti rischiamo di scendere di categoria. Modernizzazione (welfare compreso), diritti individuali che arricchiscano l'impalcatura novecentesca dell'Autonomia, innovazione, cultura, anche nel mondo tedesco emerge l'attesa di una svolta.
Lo stesso mondo italiano sconta molti ritardi. Napoleone disse dell'Austria: «Ah l'Austria, sempre in ritardo di un esercito, di una battaglia, di un'idea». La Svp è in ritardo di un'idea, ma lo scatto può essere italiano. Si apra la competizione, ma come quella che può nascere tra amici che si sfidano e si rispettano.













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