il caso

Sgarbo a Mattarella, Arno «rompe» con gli Schützen

Alla cerimonia dell’11 giugno i cappelli piumati non volevano l’Inno di Mameli. Annullato il picchetto. Kompatscher: «Allora non ci saranno neppure in futuro»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Qualsiasi inno, ma non quello italiano. E arriva lo strappo tra il presidente Arno Kompatscher e gli Schützen, almeno per quanto riguarda le cerimonie di benvenuto alle autorità nazionali. L’11 giugno a Merano non ci saranno gli Schützen con il tradizionale picchetto d’onore per accogliere i presidenti di Italia e Austria Sergio Mattarella e Alexander van der Bellen, protagonisti delle celebrazioni per i 25 anni dalla chiusura della vertenza altoatesina di fronte all'Onu.

È finito così, come ha riferito la Tiroler Tageszeitung, il braccio di ferro sugli inni che verranno eseguiti da una Musikkapelle. Come è naturale e previsto dal protocollo, Mattarella verrà accolto dall’inno italiano, van der Bellen dall’inno austriaco. Per la loro presenza gli Schützen avevano posto una condizione: niente Inno di Mameli, si suoni l’Inno alla gioia dell’Ue. Più che una richiesta, una provocazione dall’esito scontato. «Impensabile che potessimo commettere un simile sgarbo nei confronti del presidente Mattarella», conferma Kompatscher. Un nuovo scarto, dopo le parole di Kompatscher su Hofer, eroe tirolese, ma anche «conservatore». Oggi e domani Kompatscher, l’Obmann della Svp Philipp Achammer e il senatore Francesco Palermo saranno a Vienna, su invito del ministro Sebastian Kurz, per una serie di appuntamenti sull’autonomia.

Presidente Kompatscher, cosa è accaduto?

«Sono rimasto sorpreso, perché c’era una intesa precisa con gli Schützen. Devo fare qualche passo indietro».

Da dove inizia?

«Dalla visita a Bolzano di Heinz Fischer, l’ex presidente austriaco. Mi era sembrata una bella idea ricevere i capi di Stato aggiungendo al protocollo classico la tradizione degli onori degli Schützen. Ne parlammo e dissi: “Guardate che se introduciamo la vostra presenza durante le visite ufficiali, allora si farà sempre e il protocollo prevede l’inno nazionale per accogliere i capi di Stato”. Avevo anche avvisato che sarebbe arrivato il presidente italiano. Non erano sorti problemi. Organizzammo allora il picchetto degli Schützen per Fischer e poi per il presidente della Commissione europea Juncker, dove venne suonato l’Inno alla gioia».

E lì arrivarono le polemiche, solo gli Schützen e nessun rappresentante dello Stato per Juncker.

«Ancora mi dispiace per quelle polemiche che non ho capito. Comunque, quando iniziamo a preparare la cerimonia di Merano per i 25 anni della quietanza liberatoria dell’11 giugno 1992 con i presidenti dei due Stati per me era scontato che ci sarebbero stati gli Schützen e che sarebbe stato suonato l’inno di Mameli».

Ma il comandante Elmar Thaler dice «no» e rilancia con l’inno europeo.

«Sono caduto dalle nuvole. “Signori, ci eravamo parlati chiaramente”. Ho anche chiesto “se arrivasse il presidente del Belgio vi trovereste a disagio con l’inno belga?”. Mi è stato risposto “no problem”. Quindi solo con l’inno italiano pensano di perdere l’identità? Ho preso atto. Discorso chiuso. Ma chiuso davvero».

Cosa intende?

«Che archiviamo questa idea degli onori con gli Schützen. L’ho messo in chiaro: non ci sarete, la prossima volta che arriverà un ospite austriaco. Non ci si presenta una volta sì e una volta no. Mattarella e van der Bellen verranno ricevuti come meritano, avremo una bella cerimonia e gli inni nazionali verranno eseguiti da una Musikkapelle che non sente minacciata la propria identità. Gli Schützen perdono una grande occasione: fare parte di un evento importante, dimostrando di appartenere a una terra particolare. Non sono pronti. Preferiscono lanciare messaggi politici storti: il patriottismo non deve essere “contro” qualcuno».













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