Sofia morta di malaria, nessun colpevole 

Si va verso l’archiviazione. Non c’è certezza che il contagio sia stato provocato dall’infermiera



BOLZANO. Dopo mesi di indagine, fra diverse perizie e accertamenti, la Procura di Trento ha chiesto l’archiviazione per il fascicolo aperto in seguito alla morte per malaria della piccola Sofia Zago. A questo punto sarà il giudice a decidere se accogliere la richiesta che è arrivata dal pm Gallina oppure decidere per il prosieguo dell’attività penale. I genitori: «Non conosceremo mai la verità». La bambina aveva solo 4 anni quando, il 4 settembre dello scorso anno, morì dopo aver contratto la malaria nel reparto di Pediatria del Santa Chiara dove era ricoverata per un’altra patologia. Indagata per omicidio colposo un’infermiera che lavorava in quel reparto e che era in servizio il 17 agosto, giorno in cui ci sarebbe stato il contatto tra il sangue di un paziente affetto da malaria con quello della piccola. Contatto, conseguente contagio e quindi il decesso di Sofia. Le indagini - che sono state fatte dai carabinieri del Nas - hanno portato ad individuare il momento del contagio che potrebbe essere avvenuto o durante le operazione di pulizia dell’ago cannula o tramite dei guanti. Strumenti che sarebbero stati contaminati da una minima parte del sangue di una delle due bambine del Burkina Faso che si erano ammalate di malaria durante un viaggio in Africa e che erano ricoverate nello stesso reparto. Ora, il quadro probatorio acquisito non porterebbe alla certezza al cento per cento che a provocare il contagio sia stata l’infermiera indagata (per la difesa si è rivolta agli avvocati Valer e Melchionda). E questo per due diversi aspetti. Da una parte c’è la presenza di un altro sanitario al momento dei prelievi e dall’altra c’è un’ipotesi diversa, ossia che il contagio sia avvenuto senza «l’intervento» di altre persone. Questo perché una delle piccole malate di malaria avrebbe sofferto di frequenti episodi di epistassi (sangue dal naso) e la piccola Sofia aveva le mani segnate dalle punture necessarie per verificare il suo livello di glicemia (era ricoverata dopo l’esordio del diabete). Non si può quindi escludere che il contagio sia avvenuto in questo modo.

A questo punto - come detto - sarà il giudice a decidere se accogliere la richiesta che è arrivata dal pm Gallina oppure se decidere per il prosieguo dell’attività penale.













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