BOLZANO

Spaccio, paura e degrado, la rabbia di via Renon a Bolzano

Troppi servizi di accoglienza in una sola strada e le prostitute che non si spostano. La consigliera Pegoraro: «I residenti non escono più di casa, hanno paura»


di Alan Conti


BOLZANO. Prostituzione, migranti e uno dei più grandi cantieri nella storia della città. Passato, presente e futuro non sorridono a via Renon che si ritrova ad essere una delle strade più in difficoltà di tutto il capoluogo. Le lucciole sono un problema antico, così come lo spaccio. In questo contesto, però, la zona è stata gravata di alcuni servizi di accoglienza che concentrano in un’area piuttosto piccola decine di persone in cerca di un aiuto.

Da anni trovano spazio in via Renon la Casa Conte Forni (con 36 posti letto) e l’associazione San Vincenzo per i vestiti usati. Più recentemente, inoltre, il Comune ha destinato alcuni suoi alloggi in condomini sulla strada ai profughi con bambini che necessitano una sistemazione più confortevole dei centri di accoglienza. L’ultimo servizio a gravare su via Renon è la mensa per i migranti in transito allestita nel palazzo provinciale all’angolo con via Raiffeisen e inaugurata da pochi giorni.

La vicinanza con la stazione, chiaramente, è cruciale per offrire un servizio efficace ma i residenti cominciano ad essere esasperati. «Sto creando un dossier con i molteplici sopralluoghi che ho svolto con gli abitanti» spiega il consigliere di Circoscrizione Centro Barbara Pegoraro (Alto Adige nel Cuore): «Sono loro a chimarmi in continuazione per chiedere aiuto. La situazione è davvero al limite perché c’è un sovraccarico di tensione sociale non sopportabile. Gli episodi di microcriminalità sono all’ordine del giorno. Lo spaccio è quotidiano così come la prostituzione e nessuno sembra più avere la forza di opporsi. La zona dell’areale ferroviario, inoltre, viene utilizzata come rifugio di fortuna. Così la concentrazione dei bivacchi è la più alta della città. Dormono vicino alla ferrovia, nelle cantine o dovunque ci stia un materasso. Risultato? Le persone e le famiglie di tutta la zona adesso hanno paura ad uscire di casa. Non si può rientrare con il buio e ogni passo va fatto con cautela. Una limitazione della libertà evidente per i cittadini: un problema che dovrebbe essere considerato tanto urgente quanto l’accoglienza dalle amministrazioni che stanno latitando».

Più cauto, ma determinato ad aiutare i residenti è anche il presidente della Circoscrizione Armin Widmann: «Nel caso dovessero arrivare molteplici segnalazioni di disagio ci attiveremo per trovare delle contromisure concrete con l’aiuto delle forze dell’ordine. Effettivamente siamo il quartiere più toccato dall’emergenza profughi: diciamo che siamo stati sfortunati. È necessario, però, essere lucidi e capire bene come evolveranno determinati fenomeni. Potrebbe essere una situazione solo temporanea». Di sicuro temporaneo è stato l’allontanamento della prostituzione: qualche mese fa la determinazione mediatica del sindaco Renzo Caramaschi aveva allontanato il racket da via Renon e dai Piani. Calata l’attenzione, come da copione, le squillo sono tornate sui marciapiedi. «Gli interventi una tantum non servono a molto - ammette il consigliere di circoscrizione Martin Fink (Verdi) - perché ci vuole costanza per riuscire a spostare il fenomeno nelle zone non residenziali. Per il resto è anche vero che i servizi di accoglienza nessuno vorrebbe averli sotto casa ma sono necessari e devono trovare posto in un luogo logisticamente funzionale. Non dimentichiamoci che il cantiere che si aprirà a breve potrebbe cambiare faccia anche a via Renon e darle un po’ più di respiro».

Nei prossimi giorni, dunque, la situazione di via Renon e in generale dell’intero asse da via Garibaldi ai Piani potrebbe trovare spazio nell’ordine del giorno della Circoscrizione. «Discuterne è quantomeno doveroso» chiude Pegoraro. «Ci aspettiamo l’appoggio del Comune di fronte alla paura dei bolzanini».













Altre notizie

Attualità