Sturaro, “capacità di delinquere” 

Sentenza Palace. Giudizio severo del giudice Michele Paparella sull’ex direttore generale condannato per appropriazione indebita. Molte delle contestazioni finite nel nulla penalmente sono di natura civilistica per il mancato versamento all’Hotel delle percentuali pattuite  


Mario Bertoldi


Bolzano. Devono essere considerate di natura civilistica molte delle contestazioni mosse a Massimiliano Sturaro, ex direttore generale del Palace Hotel di Merano, e alla dottoressa bolognese Carmen Salvatore, all'epoca dei fatti medico del dipartimento di medicina estetica dello stesso hotel. Come noto entrambi sono stati assolti dall’accusa di truffa ai danni della società di gestione del noto albergo (con centro estetico e di cura) che fa capo all’impresario bolzanino Pietro Tosolini.

La denuncia.

Fu proprio quest’ultimo (con l’assistenza legale dell’avvocato Marco Mayr) a presentare denuncia lamentando un danno di un milione e seicento mila euro, corrispondenti alla somma sottratta indebitamente alle casse del Palace in alcuni anni di attività. Va ricordato che la sentenza di primo grado ha assolto entrambi gli imputati dall’accusa di truffa e ha condannato il solo Massimiliano Sturaro per appropriazione indebita, in relazione ai 10 mila euro che per 33 mesi si sarebbe fatto consegnare in contanti (per un totale di 330 mila euro) dall’amministrazione dell’hotel asserendo di doverli “girare” all’allora presidente della società Henry Chenot. Tesi che nel corso del processo non ha trovato alcun riscontro.

La sentenza.

La condanna del solo Massimiliano Sturaro è stata ad un anno e quattro mesi di reclusione mentre la dottoressa Carmen Salvatore è stata assolta in pieno. Ieri il giudice Michele Paparella ha depositato le motivazioni della sentenza di primo grado. Due le valutazioni che sono alla base della sentenza: in primo luogo - come già accennato - la natura civilistica di molte contestazioni mosse alla dottoressa Salvatore che, autorizzata ad incassare in proprio le parcelle per le prestazioni professionali fornite nelle cure con utilizzo di sangue rivitalizzato, al massimo non avrebbe tenuto fede agli impegni di natura economica assunti con i vertici del Palace omettendo di versare, almeno parzialmente, la percentuale pattuita. Si trattava peraltro di denaro che la dottoressa Salvatore aveva incassato legittimamente, in pieno accordo con la struttura. Il giudice rileva in sentenza che non vi fu da parte degli imputati alcun “artifizio o raggiro” per far cadere in errore l’amministrazione dell’hotel che in realtà aveva autorizzato la dottoressa Salvatore ad incassare personalmente con i Pos (attivati nel suo ambulatorio e poi in amministrazione) il corrispettivo dei trattamenti effettuati in quanto per diverso tempo il Palace era sprovvisto delle necessarie autorizzazioni sanitarie. Anche successivamente al rilascio delle autorizzazioni, la dottoressa Salvatore avrebbe continuato ad incassare parte delle proprie prestazioni professionali in accordo con i responsabili del Palace. Di ben altra natura è invece il giudizio fornito in sentenza dal dottor Paparella in relazione alla figura di Massimiliano Sturaro che, non potendo negare di essersi fatto consegnare rigorosamente in contanti dall’amministrazione dell’Hotel i 330 mila euro contestati, ha cercato di trascinare nei guai l’allora presidente Henry Chenot asserendo di aver consegnando i soldi in nero a lui. Nei confronti di Sturaro il giudice è molto severo, tanto da negargli le attenuanti generiche. Il dottor Michele Paparella fa riferimento «all’entità del danno patrimoniale e non patrimoniale provocato all’hotel», alla «insidiosità della condotta posta in essere allo scopo di occultare la sottrazione» e alla «personalità dell’imputato che non ha avuto scrupoli nell’abusare della sua posizione di responsabilità all’interno della struttura ricettiva, violando gravemente il proprio obbligo di fedeltà nei confronti del datore di lavoro (Tosolini, ndr)». In sentenza il giudice sottolinea anche «la capacità a delinquere dimostrata dall’imputato Sturaro nel reiterare la condotta appropriativa per oltre 2 anni e mezzo e la mancanza di qualsiasi tipo di resipiscenza , avendo invece l’imputato improntato il proprio contegno processuale al tentativo, rimasto senza esito, di addossare a terzi (Henry Chenot) , la responsabilità per i fatti da lui commessi».













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