IL CASO

Svanisce la casa, giustizia dopo 25 anni 

La famiglia Gobbo è riuscita a spuntarla dopo tre gradi di giudizio. Un quarto di secolo di ansie, timori e frustrazioni


di Mario Bertoldi


BOLZANO. La vicenda giudiziaria infinita di Paolo Savio, faccendiere meranese colpito nei giorni scorsi da ordinanza di custodia cautelare (per violazione di domicilio, violazione dei sigilli, mancato rispetto di disposizioni già emesse e turbativa d’asta) ha fatto venire a galla vecchi contenziosi, alcuni dei quali già conclusi, altri ancora pendenti, che hanno avuto come protagonista l’intermediario coinvolto in vicende giudiziarie da circa 30 anni.

A palazzo di giustizia Paolo Savio è persona molto nota. Nel corso degli anni ha anche ricusato diversi giudici in vari procedimenti, soprattutto in sede civile.

Una strategia di “scontro frontale” con diversi magistrati che in più occasioni ha messo in crisi la macchina della giustizia con diversi giudici addirittura denunciati e messi sotto accusa davanti al tribunale di Trieste (competente per contenziosi nei confronti di magistrati altoatesini).

In un caso, però, la famiglia meranese Gobbo (Hannelore, Piero e Alessandra) ci ha messo qualcosa come un quarto di secolo per venire a capo in via definitiva di un contenzioso legato all’acquisto di una vecchia villa la cui acquisizione (nel febbraio 1988) era stata pattuita per 430 milioni di lire. Si tratta di Villa Rathgeb sita in piazza Steinach a Merano.

All’epoca Paolo Savio era intermediario nella vendita per conto di una famiglia di Tarcento in Friuli. In un primo tempo la trattativa proseguì senza particolari problemi poi, improvvisamente, prese una piega inaspettata: nel novembre 1989 in occasione del previsto rogito notarile in Friuli a fronte di anticipi già consegnati per 258 milioni di lire, la famiglia Gobbo apprese che la villa era stata intestata ad una società di Paolo Savio e del suo collaboratore Adriano Zappi (in seguito divenuta “Iniziative Immobiliari sas”).

La famiglia Gobbo (rimasta senza alcuna proprietà intestata e senza gli oltre 250 milioni di lire consegnati a Savio a titolo di anticipo) tentò dapprima una mediazione bonaria ma a fronte di una richiesta di altri 100 milioni di lire (oltre ai 430 previsti per l’intero passaggio di proprietà) fu costretta ad avviare una causa che si è trascinata per 25 anni.

La vicenda si è per lo meno conclusa positivamente per la famiglia Gobbo che ha vinto il braccio di ferro legale con Paolo Savio in tutti e tre i gradi di giudizio.

Una vicenda estenuante vissuta anche con l’incubo che in qualche maniera la villa in questione (nonostante la piena disponibilità dei Gobbo a completare la somma a suo tempo pattuita petr l’acquisto) potesse in qualche maniera essere “risucchiata” nei procedimenti del tribunale fallimentare avviate per una situazione debitoria di Savio e di alcune sue società piuttosto pesanti.

Solo per giungere alla sentenza di primo grado furono necessari nove anni di udienze e della questione si occuparono diversi giudici (dapprima il dottor Zancan, poi il dottor Pappalardo ed infine il dottor Armin Waldner). Ora, come detto, la questione è definitivamente risolta e definita.

Non è così , però, per altre vicende giudiziarie che hanno travolto sia Paolo Savio che la moglie Notburga Ladurner, falliti sia personalmente che con le proprie società di riferimento. Sono circa vent’anni che alcuni creditori attendono di poter ottenere, almeno in parte, quanto spetta loro per vecchie pendenze economiche. Ma il tribunale, per l’opposizione anche con metodi illegittimi esercitata da Paolo Savio, non è mai riuscito a mettere all’asta l’abitazione privata di Savio in via Mayrhofer a Merano. Il prossimo tentativo è previsto per il 23 maggio.













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