Terremoto in Procura, carabinieri indagati 

Rimossi due agenti storici del nucleo di polizia giudiziaria. Il 27 dicembre perquisite le loro scrivanie nella caserma di via Dante


di Mario Bertoldi


BOLZANO. L’impressione è che si tratti di uno scontro di potere senza precedenti nell’ambito dell’attività della magistratura a Bolzano. Due agenti di polizia giudiziaria appartenenti all’Arma dei carabinieri, dopo anni di attività preziosa e inappuntabile, si sono trovati sollevati da ogni incarico su indicazione dell’attuale procuratore capo Giancarlo Bramante, che non avrebbe gradito i contatti personali che i due avevano mantenuto con l’ex procuratore Cuno Tarfusser, ormai in procinto di concludere la sua esperienza come vicepresidente della corte penale internazionale dell’Aja. I due carabinieri non solo sono stati sollevati da ogni incarico nell’ambito dell’attività della Procura, ma sono anche finiti sotto inchiesta e si sono trovati catapultati improvvisamente dall’altra parte della barricata, cioè da investigatori ad inquisiti. Entrambi sono stati infatti iscritti sul registro degli indagati con una ipotesi di accusa decisamente pesante: peculato e falso.

Pare che l’inchiesta sia legata ad alcuni aspetti inquietanti del processo a carico di Katia Tenti ex direttrice di dipartimento per la cultura italiana della Provincia di Bolzano, a giudizio assieme all’imprenditore Antonio Dalle Nogare. Come noto il tribunale (presidente Carlo Busato) ha disposto la trascrizione di una telefonata tra la stessa Tenti e l’ex procuratore Tarfusser intercettata dagli inquirenti il 29 maggio 2014. La funzionaria aveva saputo di essere sotto inchiesta e di essere probabilmente intercettata dagli inquirenti nell’ambito dell’indagine sulla gestione di un appalto per la costruzione di alloggi Ipes dedicati al ceto medio. Aveva però chiesto al dottor Tarfusser di interessarsi nell’ambito delle sue conoscenze a palazzo di giustizia sullo stato delle indagini. Pare che l’ex procuratore non abbia fatto presente che non avrebbe avuto la possibilità di farlo ma che si sarebbe in qualche modo mosso con le persone di riferimento ancora in servizio promettendole di chiamarla se avesse saputo qualcosa. Nel corso del processo il maresciallo del reparto operativo dei carabinieri Alexssandro Fontana segnalò in aula un particolare allarmante e cioè che nella fase conclusiva delle intercettazioni i due indagati averebbero dimostrato più volte di essere stati misteriosamente informati di essere sotto controllo, al punto che in più occasioni i due indagati avrebbero salutato lo stesso maresciallo Fontana, dimostrando di essere stati addirittura informati di chi materialmente stesse curando le registrazioni. Successivamente, però, il dottor Tarfusser non segnalò mai nulla di riservato a Katia Tenti ma la vicenda lasciò il segno al punto che gli uomini della polizia giudiziaria ancora in amicizia con il dottor Tarfusser finirono nel mirino. Così come finì nel mirino anche un pranzo organizzato presso una nota pizzeria di Bolzano il 29 dicembre 2017 a cui partecipò oltre a Tarfusser anche i due agenti di polizia giudiziaria in questione ed il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi che venne accompagnato all’appuntamento da una macchina di servizio della Procura. Ora, come si suol dire, tutti i nodi vengono al pettine, nel senso che non solo i due agenti di polizia giudiziaria sono stati rimossi (tornando a disposizione del comando dei carabinieri in via Dante) ma sono stati anche iscritti sul registro degli indagati. Non solo. Il 27 dicembre scorso la Procura (oltre al procuratore Bramante si stanno occupando del caso anche i sostituti Sacchetti e Secco) hanno disposto una perquisizione delle abitazioni e degli uffici dei due inquisiti nella caserma dei carabinieri. Il blitz è stato affidato in totale riservatezza (anche nei confronti dei diretti superiori) alla Guardia di Finanza e ai carabinieri dei Ros. Sono stati acquisiti documenti e sono stati sequestrati computer, tablet e telefoni cellulari di servizio. Oltre a 9 mila euro in contanti che uno dei due indagati teneva in caserma per evitare possibili furti in casa.

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