Chiude dopo 68 anni  «Radioelettrica Gazzi» 

Lo storico negozio nato sotto i Portici nel 1950 abbandona via Santa Croce Il titolare racconta l’avventura della sua famiglia, venuta da Rovigo per lavorare


di Luca Masiello


BRESSANONE. Per molti brissinesi il negozio “Radioelettrica Gazzi” era un punto di riferimento, un luogo dove andare a curiosare, a cercare un oggetto da comprare, un regalo o anche una cianfrusaglia qualsiasi da tenere in casa come sfizio. Ma era anche uno dei pochi posti – forse l’unico, ormai – dove portare a riparare oggetti elettrici ed elettronici: una rarità, ormai, in questo mondo in cui tutto si getta e tutto si compra nuovo.

Sabato prossimo, il 18, quella sorta di bazar oggi in via Santa Croce ma nato in via Portici Maggiori, lo stesso che ha affascinato intere generazioni di cittadini, abbasserà le serrande per sempre, e un altro pezzo di storia del commercio al dettaglio in centro se ne andrà. La sua chiusura era stata annunciata poco tempo fa, e il titolare, Riccardo Gazzi, ha messo tutta la merce scontata al 50 per cento: il negozio è stato letteralmente preso d’assalto.

Signor Gazzi, come nasce la “Radioelettrica Gazzi”?

«Era il 1950: i miei genitori, i miei nonni e mio fratello Gianni, che aveva solo tre anni, si erano trasferiti a Bressanone da Ceneselli, un paesino in provincia di Rovigo. Qui i miei nonni avevano un albergo, ma l’avevano chiuso e avevano rilevato la licenza di quel negozio in via Portici proprietà di un parente».

Già all’epoca vendevate attrezzature elettriche?

«Quasi. Nel negozio si vendeva tutto ciò che faceva musica: le prime radio, ma anche strumenti musicali di ogni tipo. Un nostro nonno aveva una fabbrica di ottoni ed era un grande appassionato di musica. Ho ancora una vecchia tromba, ma mi ricordo quanti violini e violoncelli c’erano in soffitta».

Però poi non vi siete più occupati di strumenti musicali.

«No, negli anni Sessanta era scoppiato il boom della televisione e ci siamo concentrati su questo tipo di commercio; vendevamo televisori Magnadyne e Kennedy, all’epoca all’avanguardia: pesantissimi. E poi il gas».

Il gas?

«Sì, vendevamo anche bombole di gas. Avevamo un collaboratore, si chiamava Silvano Miotto, una persona degna di nota, instancabile lavoratore, buono come il pane. Mi ricordo che le poche volte in cui lui non c’era toccava a me portare le bombole nelle case dei brissinesi. Che faticacce…».

Perché a un certo punto ha iniziato anche lei a lavorare nel negozio di via Portici Maggiori.

«Prima di me mio fratello Maurizio, recentemente scomparso, e due anni dopo ho iniziato anch’io: avevo 20 anni. Mio fratello Gianni, il più grande, aveva continuato gli studi, si era laureato in ingegneria elettronica ed era andato a insegnare».

Il vostro negozio all’imbocco di via Portici Maggiori, dove oggi c’è un ristorante, era quasi un punto di riferimento per tutti, in centro. Perché vi siete trasferiti?

«Il locale era di proprietà delle sorelle Covi, che avevano il negozio di giocattoli dietro l’angolo. Quando sono scomparse la nostra bottega è stata venduta, e l’affitto che i nuovi proprietari ci avevano proposto era esorbitante. Così ci siamo trasferiti in via Santa Croce. Era il 2002. Ci siamo trovati bene, il locale era più grande e non ci possiamo lamentare. L’insegna, però, ce la siamo portata via: l’aveva fatta fare mio padre negli anni Cinquanta da Cimadom».

E adesso cosa farà?

«Mi godrò la pensione e mi occuperò dei miei hobby. Stacco l’insegna della “Radioelettrica Gazzi” e l’appendo nel garage a “guardia” delle mie moto».















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