Nove indagati per il disastro ferroviario 

Contestati errori professionali gravi tra cui la separazione del convoglio in due tronconi senza attivare il sistema frenante


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Negligenza, imprudenza e violazione della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle norme specifiche di sicurezza nell’ambito ferroviario. E’ un quadro probatorio pesante quello emerso a conclusione dell’inchiesta della Procura della Repubblica sul grave incidente avvenuto la notte del 25 aprile dello scorso anno, alle 23.45, lungo il cantiere ferroviario aperto tra Bressanone e Varna per la sostituzione delle traversine lungo nove chilometri della linea ferrata del Brennero.

Nell’incidente morirono sul colpo due operai (Salvatore Verolla e Achille De Lisa) che non riuscirono a mettersi in salvo in tempo prima dello schianto spaventoso tra due mezzi mobili di cantiere. Altri tre operai rimasero gravemente feriti ma riuscirono a salvarsi.

La Procura della Repubblica ha ora notificato a nove indagati l’avviso di conclusione indagine che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Le ipotesi di reato contestate sono disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose gravi e violazione di numerose normative sulla sicurezza.

L’unico altoatesino coinvolto è Alexander Lapper, 52 anni di Colle Isarco, dipendente di Rfi spa (Rete ferroviaria italiana) preposto, assieme ad un altro indagato (Simone Nicoli di Negrar in provincia di Verona) alle operazioni di brifing e di scorta al treno cantiere. Gli altri indagati sono Pier Paolo Olla (veronese) nella sua qualità di responsabile della direzione territoriale di Rfi, Ivan Baroncini (responsabile Rfi per la gestione del contratto di appalto), Giulio Candia (dirigente Rfi competente per i lavori in questione), Paolo Tomelleri (dirigente Rfi e capo dell’unità di manutenzione di Bolzano), Edoardo Rossi, amministratore della società G.C.F. spa (Generali Costruzioni Ferroviarie con sede a Roma che si era assicurata l’appalto) e due dirigenti della stessa società (Valter Monacelli, direttore tecnico, e Antonio De Blasio, direttore di cantiere).

Nel capo d’imputazione di quattro pagine vengono evidenziati diversi errori professionali che avrebbero portato al disastroso incidente. La gestione del convoglio-cantiere composto da 49 elementi (per una lunghezza di 775 metri ed un peso di 2800 tonnellate) sarebbe stata del tutto inadeguata sotto il profilo tecnico al punto che sarebbe stato addirittura omessa la prova sul regolare funzionamento del sistema frenante prima dell’avvio dei lavori in orario notturno la sera della tragedia.

Il convoglio-cantiere venne poi separato in due tronconi lungo un tratto di ferrovia in pendenza (le norme di sicurezza avrebbero imposto in realtà un altro tratto) con il risultato che il secondo troncone del convoglio-cantiere di 14 elementi (tra i quali un locomotore) prese velocità in direzione sud andando a schiantarsi contro altri mezzi meccanici di lavoro che impegnavano il tratto di ferrovia.

Anche in occasione della divisione del convoglio-cantiere sarebbe stato omesso il controllo del sistema frenante che avrebbe evidenziato che alcuni carri (tra il resto pesantissimi) avevano i freni fuori uso in quanto non collegati correttamente. La perizia disposta dal procuratore Markus Mayr ha poi evidenziato che «alcuni carri presentavano ceppi frenanti con usura superiore al limite tollerato con consumo non uniforme...».

Alcuni degli indagati sono accusati di «aver omesso di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione...e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione...non cooperando in particolare nell’attuazione di divieto del taglio del treno-cantiere sulla tratta teatro dell’incidente». Gli indagati Edoardo Rossi, Valter Monacelli e Antonio De Blasio della società G.C.F. spa sono accusati di «aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro non conformi ai requisiti di sicurezza».

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