IL DATO

La fuga dei cervelli: ogni anno se ne vanno 1.500 altoatesini

Allarmanti i dati dell’indagine, effettuata dall’Ire, per cercare di capire le ragioni che spingono ad andarsene: tra le motivazioni principali soprattutto all’estero ci sono maggiori possibilità di fare carriera e retribuzioni più elevate



BOLZANO. La fuga di cervelli dall’Alto Adige ha cifre allarmanti: ogni anno se ne vanno in media 3.500 persone, di queste 1500 (nel 2017) sono cittadini nati e cresciuti in Alto Adige e nel 71% dei casi si tratta di laureati.

Un numero in costante aumento, visto che nel 2012 erano 400 in meno gli altoatesini che si sono trasferiti soprattutto nei paesi dell’area tedesca. Pochi, o meglio, pochissimi coloro che ritornano: si va da un minimo di 26 ad un massimo di 81 all’anno. Il saldo migratorio è comunque positivo (1.200 persone) perché l’Alto Adige si conferma una terra di immigrazione: ogni anno in media si trasferiscono qui 4.700 persone (esclusi i richiedenti asilo). Chi arriva però ha un livello di specializzazione inferiore rispetto a chi se ne va.

È il quadro che emerge dallo studio, condotto dall’Ire - l’Istituto di ricerca della Camera di commercio - nel quinquennio 2012-2017 e presentato ieri nella sede della Camera di commercio. Obiettivo dell’indagine, effettuata intervistando 516 immigrati e 769 emigrati, capire l’entità e le ragioni della fuga di forza lavoro qualificata. «Questo - ha detto il presidente della Camera di commercio Michl Ebner - è uno degli studi più importanti degli ultimi anni: dobbiamo impegnarci per cercare, se non di eliminare, almeno di ridurre il “brain drain”, ovvero il fenomeno della fuga di cervelli». Non è solo un auspicio ma un vero e proprio appello, rivolto a chi governa la Provincia come a chi guida le aziende, perché l’Alto Adige perde ogni anno molti lavoratori, per lo più altamente qualificati, e non riesce più a riconquistarli.

Quattro emigrati su dieci sono altoatesini, cioè persone nate in Alto Adige. Considerando solo il gruppo dei laureati, nel 2016 il saldo è stato appena positivo, ma se si prende in esame l’arco di tempo compreso tra il 2012 e il 2017 si scopre che si sono “persi” 800 laureati. La maggior parte degli emigrati (71%) hanno infatti una laurea, in particolare in discipline tecnico-scientifiche (scienze naturali, ambito tecnico o medico-scientifiche), ovvero quelle in genere più richieste in particolare dalle aziende che fanno sempre più fatica a trovare personale specializzato.

Ma quali sono i motivi che spingono ad andarsene? Gli intervistati riconoscono che in Alto Adige c’è un’elevata qualità della vita, unita alla presenza di molte offerte per il tempo libero e lo sport, oltre al buon livello dei servizi: evidentemente però non basta. Capita spesso di andare a studiare all’estero e poi non si torna più in Alto Adige se non in occasione di festività e vacanze, per una serie di motivi che sono di tipo economico e lavorativo. A pesare molto sulla scelta di vivere all’estero o - seppur maniera minore - in altre regioni italiane, sono il costo della vita elevato e i prezzi delle case che in Alto Adige sono alle stelle. A questo si aggiunge il fatto che è vero che qui con una disoccupazione al 2,8% non è un problema trovare lavoro, ma ci sono scarse possibilità di fare carriera. Mentre - soprattutto all’estero - vi sarebbero maggiori possibilità di trovare un posto adeguato alla propria formazione e retribuito meglio.













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