Il vescovo a Santo Spirito: «Uniti nell’accoglienza» 

La cerimonia. Ivo Muser nella chiesa di via Roma per la messa che ricorda l’ultima cena di Gesù Il monsignore ha celebrato il rito della lavanda dei piedi a dodici persone, quanti gli apostoli 



Merano. È stata la chiesa di Santo Spirito a ospitare, giovedì sera, il vescovo Ivo Muser nella messa che ricorda l’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, l’istituzione dell’Eucaristia e la lavanda dei piedi quale simbolo del servizio agli altri.

“In coena domini”.

La messa “in coena domini” del Giovedì santo ha introdotto al Triduo pasquale - passione, morte e risurrezione di Cristo – centro di tutto l’anno liturgico. «L’Eucaristia ci ricorda il grande dono di amore che Gesù ci ha lasciato come segno della sua continua presenza in mezzo a noi. Un segno che ci chiede non solo di accogliere ma anche di attualizzarlo concretamente, condividendo la nostra vita con i fratelli e le sorelle», ha detto monsignor Muser l’altra sera nella chiesa di via Roma.

Il rito.

Il vescovo ha poi celebrato il rito della lavanda dei piedi a dodici persone, come i dodici apostoli. «È un gesto che compiva lo schiavo – ha ricordato Muser – ma anche un gesto di amore che il figlio riservava ai genitori anziani. Gesù lava i piedi di tutti, i piedi di Pietro che lo rinnegherà e i piedi di Giuda che poi lo tradirà. Un gesto che rivela la gratuità smisurata dell’amore di Gesù. Con la lavanda dei piedi e con il dono del suo corpo e del suo sangue, Gesù ha voluto dare ai discepoli un esempio di amore totale, di gratuità e di servizio. Sono i suoi segni distintivi».

L’omelia.

Nella sua omelia a Merano il vescovo ha poi ribadito che «anche noi siamo chiamati a essere servi degli altri, imitando così la solidarietà di Cristo. In questo possiamo dire ‘prima noi’: nell’accoglienza, nella responsabilità, nel servizio. In questo davvero noi cristiani veniamo per primi. Siate solidali!», ha esortato il vescovo.

Porte aperte.

Ricordare alla Chiesa il suo servizio, ha concluso il Muser a Santo Spirito, «non significa privarla della dignità o dell’autorevolezza, ma al contrario aiutarla ad essere se stessa: una Chiesa dalle porte aperte, capace di accogliere tutti. Il mistero della Chiesa si rivela nel servizio, come il suo maestro, Gesù. E Gesù ha donato la sua vita per noi: questo è il testamento che ci lascia nell’ultima sera della sua vita terrena».

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