L’arrivo in treno a Merano accolti da rifiuti e degrado 

Triste biglietto da visita. Lungo i binari sotto ponte Marlengo cumuli di immondizia  È la triste propaggine dell’accampamento dell’emarginazione presso la stazione di Maia Bassa


SIMONE FACCHINI


Merano. Non è l’unico, purtroppo. Fra le due stazioni ferroviarie meranesi, gli indirizzi del degrado sono tanti. Troppi. L’ultimo, ma comunque attivo da tempo, si trova sotto ponte Marlengo. Come altri angoli di disperazione, approfitta di zone d’ombra. Di prospettive che nascondono la miseria agli occhi dei più.

Bottiglie e lerciume.

Eppure ci troviamo in città. A un centinaio di metri dalla stazione di Maia Bassa, occhieggiante la curva ovest dell’ippodromo. Sopra transitano migliaia di autovetture al giorno. Sotto, quattro treni ogni ora dal mattino alla sera da e per Bolzano. Ed è questo il biglietto da visita, in entrata o in uscita poco cambia, che si ritrova il passeggero che getta l’occhio fuori dal finestrino. Sporcizia, rifiuti, degrado.

Ci sono centinaia di bottiglie di plastica e lattine di alluminio. Abiti sgualciti e calpestati. Giacigli malmessi. Al gramo albergo risiedono gli ultimi. Vi si accede senza alcun ostacolo dalla pista ciclabile che collega via Marlengo a via Palade.

Favela.

Vicino ai binari, in questa zona, le situazioni borderline non sono una novità. Qualche mese fa un senzatetto è rimasto ucciso, investito da un convoglio mentre attraversava le rotaie. Poco più in là, sotto il viadotto della MeBo, sorge infatti l’accampamento dell’emarginazione. Va e viene seguendo la ciclicità degli interventi di bonifica del Comune. Ma in quel caso c’è distanza fra binari e “favela”. Nel caso di cui parliamo ora ci troviamo in estrema prossimità rispetto ai binarti. Di chi la competenza? Le improvvisate baraccopoli sotto ponte Marlengo nascono e muoiono, rinascono e scompaiono nuovamente. Quest’ultima è una ancora più dimessa dependance. Sottratta agli occhi di tanti ma non di tutti: perché chi viaggia in treno fra Merano e Bolzano, oppure chi - pochi, per la natura del luogo - transita a piedi in zona, si confronta con una cartolina che fa a pugni con l’immagine della città. E della civiltà.













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