Maia Bassa, tragedia annunciata 

Tutti i giorni i senzatetto scavalcano le rotaie per raggiungere l’accampamento abusivo sull’Adige   


di Simone Facchini


MERANO. Affiora la sensazione di una tragedia annunciata, all’indomani della morte di un migrante travolto dal treno presso la stazione di Maia Bassa. Quei binari vengono oltrepassati quotidianamente, da diversi anni, da senzatetto che vivono di elemosina. Il loro ricovero è la sponda dell’Adige, stretta fra la strada ferrata e il fiume. Il loro tetto è il viadotto MeBo. La situazione è nota alle autorità. Più volte, in passato, sono state emanate ordinanze di sgombero e bonifica della zona, dove accampamenti di fortuna spuntano fra rifiuti e degrado. La popolazione di emarginati è di numero variabile, si aggira attorno alla decina di persone.

Al villaggio della disperazione, ieri sera, stava tornando il quarantacinquenne di nazionalità marocchina quando sulle rotaie ha trovato la morte. Con ogni probabilità aveva percorso quel pericoloso passaggio varie altre volte. Il fatto che portasse con sé delle buste per la spesa tende a escludere l’ipotesi del gesto estremo e ad accreditare quella della causa accidentale. È stato investito verso le 18.30 dal convoglio di Trenitalia che era partito pochi minuti prima dalla stazione di Merano in direzione del capoluogo. Nella penombra, non deve essersi accorto del suo arrivo dalla semicurva. Il macchinista ha attivato il freno d’emergenza ma l’impatto è stato inevitabile. La Procura ha comunicato che l’uomo ha riportato gravi traumi al volto e al capo. Il decesso è sopraggiunto all’istante.

Il transito di clochard per raggiungere l’accampamento abusivo è sotto gli occhi di tutti coloro che passano in auto per la rampa di via Palade. Accedono alla baraccopoli scavalcando il muretto là dove la rete di separazione tra la carreggiata e i binari termina, nel tratto fra la rotatoria davanti alla stazione e quella di ponte Marlengo. I senzatetto sono stati visti ripetutamente uscire dall’ex magazzino della Cafa con pellet o altri materiali utilizzati per accendere roghi e stemperare le notti in riva al corso d’acqua. Gli interventi di sgombero e risanamento non sono mancati. Tuttavia, nel volgere di qualche tempo, tutto è tornato come prima: un ricettacolo di vite ai margini, impaludate fra stenti e immondizie. C’è chi aveva sollecitato una recinzione più incisiva della zona, per evitare l’opportunità di ricolonizzare la sponda del fiume. Si tratta comunque di un’area di difficile delimitazione. La si può raggiungere attraverso diversi percorsi, volendo anche dalla stazione stessa. L’attraversamento della strada ferrata è inevitabile.

Della baraccopoli sull’Adige, sotto la superstrada, si è parlato ripetutamente. Anche la scorsa primavera. L’assessore Stefan Frötscher, referente per il sociale, aveva raccontato dei tentativi di incanalare queste persone nei percorsi di inserimento sociale. Contatti con i servizi sociali, opere di sensibilizzazione. Ma si tratta di donne e di uomini che rifuggono il sistema. Rimane la domanda: si è fatto davvero tutto il possibile?

«È una disgrazia che ci addolora profondamente», commenta il sindaco Paul Rösch. «Presumo che la vittima fosse una persona irregolare sul nostro territorio, ed è un dato che ci preoccupa alla luce di quanto sta avvenendo a livello legislativo. Il decreto sicurezza, se confermato così com’è dal Parlamento, non farà altro che incrementare le situazioni di illegalità. Mentre, per quanto concerne la nostra realtà, grazie allo Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ndr) ora messo in pericolo stiamo dando esempio di un’efficace integrazione. In merito alla tragedia di ieri, ritengo che anche recintando l’area non si risolverebbe il problema». Nei prossimi giorni, la questione verrà affrontata dall’amministrazione comunale. Probabile un nuovo sgombero. Ma poi?

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