Rilancio Solland Silicon, Rösch si mette di traverso 

Ministero e sindacati lavorano per un nuovo acquirente ma il sindaco “chiude” «Non è una fabbrica come le altre, la sicurezza viene prima di tutto»


di Simone Facchini


MERANO. «Evitiamo un altro Pugliese». Il sindaco Paul Rösch torna a caldeggiare la dismissione della Solland Silicon. Usa toni concilianti, dice di comprendere le ragioni dei dipendenti che, con l’appoggio dei sindacati e l’endorsment del ministero dello Sviluppo economico, stanno cercando di giocarsi le ultime chance per trovare un investitore. Ma di fatto torna a ribadire quanto già sostenuto dall’epoca del fallimento della fabbrica. Lo fa in un momento delicatissimo, in cui dopo il viaggio a Roma spetterà alla Provincia decidere se accettare la richiesta di congelare lo svuotamento del clorosilano per un paio di mesi, per verificare la concretezza delle intenzioni di potenziali nuovi investitori e fare un nuovo bando per la cessione. Senza fermare, o almeno rallentare la procedura di trasformazione del composto, la sorte dello stabilimento è segnata. Ma il chiarimento sulle responsabilità di bonifica, secondo i sindacati, avrebbe reso la Solland un boccone nuovamente appetibile per alcuni fondi.

Questo il quadro dentro il quale irrompono le parole di Rösch. «L'aspetto più importante, per Merano ma anche per i Comuni limitrofi, è comunque sempre quello relativo alla sicurezza degli impianti» afferma il sindaco. «In fin dei conti non si tratta di una fabbrica “normale”. Non a caso è posta sotto la sorveglianza della Protezione civile provinciale. E non a caso per lo stabilimento - fino allo svuotamento delle cisterne, che ora pare destinato a protrarsi fino ad aprile - vige la direttiva europea Seveso-III, definita proprio per evitare incidenti nella manipolazione di sostanze pericolose».

«I tentativi pregressi - aggiunge il sindaco - già di per sé piuttosto dubbi di salvare la fabbrica hanno dato esiti negativi. Adesso abbiamo bisogno di chiarezza e di garanzie per la sicurezza, e non certo di un altro Pugliese (l’imprenditore che ha portato al fallimento, ndr) che prometta mari e monti e poi si defili lasciando dietro di sé terra bruciata. Comprendo bene la premura e gli sforzi dei dipendenti rimasti, che cercano di mantenere in vita la fabbrica il più a lungo possibile. Posso capire che ci si appigli a ogni più fievole speranza. Ma non dobbiamo dimenticare i costi che debbono essere sostenuti per sopperire allo stato di emergenza dello stabilimento. Ai contribuenti ogni settimana di “mantenimento artificiale in vita” degli impianti da parte della Provincia costa ben 100 mila euro. Si tratta di denaro pubblico che dovrebbe essere a mio avviso investito in modo più lungimirante e sostenibile per garantire ai dipendenti un futuro professionale, invece che per mantenere in funzione uno stabilimento ormai da tempo ridotto ai minimi termini». Per contro, una Solland a regime garantirebbe milioni di euro l’anno in tasse che rimarrebbero sul territorio. «Il futuro della fabbrica conclude Rösch -, anche dopo un'eventuale chiusura degli impianti, rimane tuttora oscuro. Essa è situata infatti in una zona produttiva di interesse provinciale. Finora tutte le decisioni a riguardo le ha prese la Provincia e sarà dunque la Provincia a dover svolgere anche in futuro un ruolo centrale nella vicenda. Non appena il governo provinciale avrà le idee chiare sulle priorità da seguire, noi saremo ben disposti a concordare modalità di intervento e di collaborazione per conciliare tali priorità con le esigenze della città di Merano».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità