«Solland, dal Qatar niente soldi» Kompatscher scrive al Ministro 

La fabbrica di Sinigo. Il governatore si è messo in contatto con Fraccaro caldeggiando la dismissione dello stabilimento «Invece del saldo, è arrivata una richiesta di proroga: non va accettata, è ancora valida l’offerta di un gruppo locale»  


Simone Facchini


Merano. Il ginepraio Solland Silicon si fa sempre più fitto. L’ennesimo colpo di teatro è andato in scena ieri, frutto delle dichiarazioni di Arno Kompatscher. Il presidente della giunta provinciale ha affermato di aver scritto nuovamente al ministro Riccardo Fraccaro e agli altri interlocutori per esprimere la sua contrarietà a un nuovo slittamento dei termini, facendo emergere il mancato rispetto, da parte del gruppo del Qatar che si era impegnato all’acquisto, della scadenza per il saldo della somma offerta. Dalla Provincia si chiede di lasciare libero il campo al gruppo di imprenditori locali che avevano già manifestato interesse all’acquisto dell’area garantendo di sostenere la bonifica.

No alla proroga.

«La decisione non spetta a noi ma al tribunale», ha chiarito Kompatscher. Giusto una premessa prima della presa di posizione. Ribadita e rilanciata con una nuova missiva indirizzata alla capitale. Già all’epoca delle aste andate deserte e dei tentativi falliti di cessione, ha ricordato il governatore, aveva sollecitato Fraccaro a non insistere nel trovare a tutti i costi un acquirente che si volesse occupare di riprendere la produzione trattando il silicio. «Avevo evidenziato al ministro la presenza di una proposta formale avanzata da un gruppo locale pronto a comprare il terreno e a ripulirlo. L’ultima asta, poi, aveva assegnato lo stabilimento agli imprenditori del Qatar. Ma il denaro del saldo non è ancora arrivato ed è stata chiesta una proroga. Sono informazioni che riceviamo indirettamente, poiché con gli acquirenti i rapporti sono tenuti dai responsabili della procedura fallimentare». Ma quella proroga, sostiene Kompatscher nel suo appello a Fraccaro, non va concessa. «E l’offerta locale è ancora valida».

Bonifica.

Riaffiora così l’ipotesi di un cambio di destinazione dell’area con la dismissione della fabbrica. Gli imprenditori locali la acquisterebbero per 500 mila euro, anche se non vi sono conferme sulla somma, per poi accollarsi la bonifica sui cui costi circolano cifre diverse, ma comunque notevoli. Il pensiero va alla Ladurner Ambiente con la quale, per stessa ammissione dell’allora assessore allo sviluppo del territorio Richard Theiner, erano già stati presi dei contatti.

Sicurezza e posti di lavoro.

Almeno altre due questioni traccheggiano. La prima riguarda il mantenimento in sicurezza degli impianti, garantita – questa sì grazie a proroghe – fino al 31 maggio. La seconda, non meno sentita, è quella dell’occupazione. «L’Alto Adige è in piena occupazione – ha detto Kompatscher, di fatto alleandosi con il sindaco Paul Rösch - e quindi pensiamo a una soluzione pure per i dipendenti dello stabilimento. Anche con l’aiuto della Provincia, anche con posti di lavoro specializzati per i quali c’è richiesta».

I sindacati.

«Se è vero che da un fallimento è necessario massimizzare il valore della cessione per soddisfare il più possibile i creditori, proprio non capisco perché venga chiesto di negare la proroga». Lo afferma Stefano Parrichini della Cgil, annunciando che l’incontro dei sindacati con il gruppo qatariota è stato differito. «Su un piatto della bilancia ci sono 5 milioni che in larga parte finirebbero proprio alla Provincia come creditrice, che rientrerebbe così in parte dei 20 milioni già spesi. Se il mantenimento della sicurezza è il problema, viene risolto nel momento in cui i costi vengono coperti per il periodo di proroga dall’acquirente stesso. Sull’altro piatto - chiosa Parrichini - ci sono i 500 mila del gruppo locale ma attenzione: in quel caso bisognerebbe completare lo svuotamento degli impianti, e i tecnici ipotizzano tre mesi di tempo. Quindi altri 700 mila euro di esborso mensile ancora a carico della Provincia. Soldi pubblici, rammento».















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