Solland Silicon, c’è un’offerta dall’estero 

Un acquirente si è fatto avanti, nei prossimi giorni la giudice verificherà il rispetto degli adempimenti previsti dal bando


di Simone Facchini


MERANO. Un investitore si è fatto avanti. Dall’estero. Nella sala al terzo piano del Tribunale di Bolzano ieri si è concretizzata un’offerta per l’acquisto della Solland. La giudice Francesca Bortolotti nei prossimi giorni dovrà verificare il rispetto di tutti gli adempimenti previsti dal bando di gara, prima di sciogliere le riserve. Ma trapelava un cauto ottimismo.

Rilancio o eutanasia: questo il bivio al quale si presentava la fabbrica fallita oltre due anni fa. Ieri era il giorno della verità, il giorno della scadenza dei termini entro i quali doveva comparire davanti al magistrato almeno una busta contenente una proposta economica e la relativa documentazione. La strada imboccata è quella che porta alla ripartenza della produzione. Ma visti i precedenti si procede con i piedi di piombo.

Nulla è stato aggiunto dalla giudice e dal curatore fallimentare, l’avvocato Bruno Mellarini, alla notifica della presenza di un’offerta. Né la cifra, né la presenza del deposito cauzionale, condizione di procedibilità per l’aggiudicazione. Sarà materia degli accertamenti. Di certo c’è che il prezzo base dell’asta era stato fissato in 5 milioni (e la cauzione a 500 mila euro). Il bando permetteva la possibilità di proporre una cifra inferiore, non sotto i 3,5 milioni. Qualora dovesse configurarsi questa ipotesi, l’offerta dovrà essere sottoposta all’accettazione da parte del comitato dei creditori.

Nel momento in cui carte e cauzione risulteranno a posto, l’acquirente avrà sessanta giorni di tempo per saldare il conto ed entrare in possesso di tutto il pacchetto Solland Silicon, comprendente (così la definizione del bando) “il complesso aziendale esercente l’attività di produzione di clorosilani e di policristallo di silicio per applicazioni nel campo dell’elettronica e del fotovoltaico inclusivo di tutti i terreni, fabbricati, impianti specifici, macchinari e attrezzature, arredi, magazzino, marchi e brevetti nonché loghi, contratti d’impresa e forza lavoro”.

Se invece emergessero intoppi, vale a dire incongruità nella documentazione o mancanza di deposito cauzionale, il futuro della fabbrica verrebbe nuovamente dirottato verso la dismissione. E tornerebbe d’attualità l’offerta, già presentata, per l’acquisizione del complesso – al netto, in particolare, dei clorosilani e della manodopera – per una bonifica.

Ma adesso lo scenario è quello della ripartenza delle attività produttive. Tutto da conoscere il piano industriale. I responsabili del fallimento e della procedura competitiva ieri sono rimasti abbottonati. L’unica, parziale anticipazione è stata concessa sull’identità dell’offerente: viene dall’estero. Così come buona parte di tutti gli investitori che si erano avvicinati allo stabilimento nelle precedenti sei aste o ai margini delle stesse, semplicemente manifestando interesse oppure presentando proposte: da Sinigo sono passati nordamericani e brasiliani, cinesi e arabi.

«La presenza di un’offerta è un’ottima notizia, subito comunicata ai lavoratori» esulta Stefano Parrichini, segretario della categoria che comprende i lavoratori della chimica all’interno della Cgil. «E giunge quasi inaspettata». Erano in molti infatti a sostenere che anche quest’ultimo tentativo fosse destinato a fallire. «Evidentemente - aggiunge il sindacalista - avevamo ragione quando sostenevamo che era necessario apportare delle modifiche alle condizioni di vendita per attrarre gli investitori. Le modifiche sono state fatte, e ora c’è la possibilità di ripartire».













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Valeria Frangipane

Attualità