IL CASO IN TRENTINO

Multato anche se il vigile si sbaglia

I tabulati telefonici dimostrano che l'uomo non era alla giuda. Ma il giudice: deve pagare lo stesso



TRENTO. «Non stavo parlando al cellulare, avevo semplicemente una posizione scorretta alla guida della macchina visto che tenevo appoggiata la testa alla mano sinistra». Così si è giustificato un automobilista multato per aver utilizzato il telefono alla guida.

Una spiegazione che non è servita come non sono serviti gli estratti dei tabulati delle chiamate del telefono cellulare e di quello personale per far togliere la sanzione. Il caso è finito davanti al giudice di pace di Mezzolombardo a cui si era rivolto l’automobilista sanzionato con un ricorso che è stato rigettato. Perché? Per il giudice «valutato il contenuto del verbale, in particolare la descrizione da parte del pubblico ufficiale, delle condizioni oggettive e soggettive dell'accertamento, deve ritenersi che nella fattispecie concreta sia assistita da fede privilegiata l'indicazione contenuta nello stesso verbale circa dell'uso del telefono cellulare da parte del ricorrente durante la guida».

Quindi la “versione” del pubblico ufficiale in questo caso prevale anche rispetto ai tabulati presentati perché il comportamento sanzionato (la guida al telefono) sarebbe stato visto direttamente da chi ha compilato la multa, contestata nell’immediatezza. «Per contestare l'efficacia probatoria del verbale opposto - prosegue il giudice di pace - l'unico rimedio è la querela di falso, che consente di verificare la correttezza dell'operato del pubblico ufficiale ed ogni questione attinente l'alterazione del verbale».

Quindi ricorso rigettato e multa “validata” dal giudice con importo fissato dallo stesso nell’importo minimo previsto dal codice di 165 euro.













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