l'anniversario

Il colpo al petto e la morte: trent’anni fa la notte dell’addio a Miran Schrott 

La promessa dell’hockey morì in campo a 19 anni. Oggi riposa con il padre Josef, suo primo tifoso, spentosi in novembre 


Stefano Zanotti


ORTISEI. Il 14 gennaio 1992, moriva Miran Schrott. Era nato il 26 dicembre del 1972, aveva appena compiuto 19 anni. Oggi, a trent’anni dalla morte, restano tanti ricordi di chi l’ha conosciuto nel mondo dello sport e non solo, l’affetto di chi gli ha voluto bene, dalla mamma Sabine alla sorella Tanja, ai compagni di scuola, di squadra, ai professori, agli allenatori e tutti gli amici. Resta la gioia di vivere che Miran ha seminato durante la sua vita.

Era nato a Ortisei ed era descritto come “il gigante buono” quando scendeva sul ghiaccio per giocare ad hockey. Era un difensore di stecca destra e il suo numero di maglia era il 3. Figlio d’arte (il padre Josef “Seppi” nel 1968-69 aveva vinto il primo scudetto della storia dell’Hockey Club Gardena), Schrott aveva esordito con la squadra della sua valle, l’Hc Gardena.

Era un promessa, aveva giocato anche con le nazionali giovanili ed era stato uno degli artefici della vittoria azzurra ai Campionati mondiali Under 20 del 1991-92 gruppo C, la rassegna dove era risultato, in assoluto, il miglior difensore.

Il 14 gennaio 1992 a Courmayeur, durante una partita di serie B tra la sua squadra, il Gardena, e il CourmAosta, al minuto 2:40 del secondo tempo, verso le 21.30, Miran si accasciò al suolo dopo uno scontro con Giacinto “Jimmy” Boni, capitano della squadra avversaria che l’aveva colpito al petto con la stecca.

Il fallo venne sanzionato con una penalità minore dal capo arbitro Enrico Vescovi. Sembrava un fallo come se vedono a centinaia nell’hockey su ghiaccio, una situazione che si ripete nel corso di una partita e scivola via lasciando come strascico qualche breve protesta subito dimenticata nello sviluppo veloce delle azioni.

Purtroppo, invece, nonostante il soccorso immediato da parte del medico di Courmayeur, le condizioni di Schrott apparvero subito molto gravi e venne trasportato d’urgenza all’ospedale francese di Chamonix. Per affrettare il trasporto nel modo più veloce, il traforo del Monte Bianco, che collega Courmayeur a Chamonix, venne bloccato per consentire il passaggio dell’autoambulanza che impiegò quindici minuti per raggiungere l’ospedale francese, dove però verso le 23 il cuore del giovane gardenese cessò di battere.

Oggi Miran è sepolto vicino al padre Josef, che lo aveva sempre seguito e sostenuto nel mondo dell’hockey. Dopo la morte di Miran, Josef non ha più frequentato gli stadi dell’hockey. “Il dolore immenso subito per la perdita di mio figlio – continuava ad affermare - non me lo consente”. Josef Schrott ha comunque seguito le vicende dell’hockey su ghiaccio fino a pochi mesi fa, fino alla sua morte, per malattia, il 12 novembre scorso.

In tanti, lasciano un pensiero, una parola ispirati al giovane hockeista gardenese. Ognuno lo ricorda a modo suo, chi sui social con una frase o un piccolo segno, chi con una scritta sulle tribune dei palazzetti, come hanno fatto più volte tra gli altri i tifosi dell’Asiago, chi pensandolo in silenzio, tornando indietro con le ricostruzioni dei fatti e con le domande a quella sera di trent’anni fa.

Per la famiglia Schrott, per mamma Sabine e la sorella Tanja, una parte di vita si è fermata quel maledetto 14 gennaio 1972, verso le 21.30 e nulla è riuscito, riesce e riuscirà a sfumare quel dolore. Il dolore che con la scomparsa di “Seppi” Josef Schrott, se possibile, si è fatto ancora più acuto.

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













Altre notizie

ospiti vip

Zidane, settimana di relax nel meranese

Il campione francese è ripartito dall’aeroporto di Bolzano, dove non si è sottratto ad una foto prima di salire su un jet privato (immagine da Instagram / Davide Montemerli)

Attualità