Andrea Pomella ad Arcadia con il nuovo libro “L’uomo che trema”

Finalista al Premio Strega 2018 con “Anni luce” (ADD Editore), Andrea Pomella è recentemente tornato in libreria con “L’uomo che trema” (Einaudi, pp. 216, € 18,50), che presenterà oggi, venerdì 2,...



Finalista al Premio Strega 2018 con “Anni luce” (ADD Editore), Andrea Pomella è recentemente tornato in libreria con “L’uomo che trema” (Einaudi, pp. 216, € 18,50), che presenterà oggi, venerdì 2, alle ore 19, presso la libreria Arcadia in via Fontana a Rovereto. Nato a Roma nel 1973, Pomella scrive su «Doppiozero» e «minima & moralia». Autore di due monografie su Caravaggio e van Gogh, artisti dalla tormentata esistenza, adesso, con questo ultimo libro, un memoir dalla prosa limpida e analitica, parte dalla sua malattia, la depressione, con l’obiettivo di trovare le parole che definiscano la “Realtà”, osservata proprio attraverso i suoi occhi, gli occhi di un depresso. Accostato al “Male oscuro” di Giuseppe Berto (a cui Pomella dedica un capitolo del libro), “L’uomo che trema” esamina, invece, un male “abbagliante”. “Per un malato di depressione”, scrive, “la visione è netta, senza nebbie. L’opacità è dei sani. Lo è perché il non vedere l’esatta forma delle cose è il dispositivo di natura attraverso il quale ci salviamo da noi stessi”.

Ciò che semplicisticamente potrebbe essere bollato come “cattivo umore” o “carattere difficile” è, invece, “una vera e propria malattia” senza che ne abbia la forma. La sofferenza di Pomella non è urlata. Silenziosa e subdola, si autoalimenta per un terribile senso di “infinita rassegnazione”, inscindibile dall’intensa esperienza del sentimento del vuoto e da una solitudine assoluta, accompagnate dall’anelito alla comprensione dell’esistenza nel mondo. “Non sento niente, nessun avviso di dolore, nessuna sensazione, né buona né cattiva”. Non una rivolta, ma la fluttuante e sempre inedita relazione del sé con la realtà. Il dinamismo vitale viene anestetizzato da uno stato di totale “assenza di senso”. In questa sua “naturale predisposizione all’umor nero”, è “il teatro di guerra” della sua mente a dettare le regole del gioco, spingendolo a vivisezionare ogni momento del suo passato (dall’allontanamento dal padre, con cui per 37 anni ha rifiutato ogni contatto, a episodi di disarmante “normalità”), attraverso lo sguardo della memoria. Ad agganciarlo al presente è l'inconsapevole, ma salvifica, forza della voce di suo figlio Mario che gli “spiega giorno per giorno come si sta al mondo”. (m.v.)













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