FESTIVAL DELLE RESISTENZE»INTERVISTA A EMANUELA ROSSI

Chiude oggi l’edizione trentina del Festival delle Resistenze con un’ultima intensa giornata di appuntamenti ed ospiti che si confronteranno con il pubblico sotto il tendone di Piazza Cesare Battisti...


di Katja Casagranda


Chiude oggi l’edizione trentina del Festival delle Resistenze con un’ultima intensa giornata di appuntamenti ed ospiti che si confronteranno con il pubblico sotto il tendone di Piazza Cesare Battisti di Trento. L’attesa è per il cantautore Motta, ore 21, che racconta luci ed ombre del mondo della musica giovanile e sarà a disposizione per rispondere alle domane dei fan. Una giornata, quella di questa domenica di metà settembre, che inizia con il profumo di un buon caffè sorseggiato in compagnia dei giornali freschi di stampa, commentati a cura della redazione del quotidiano Trentino, ore 9.30. Se la mattinata sarà dedicata ai laboratori legati all’articolo 4 della Costituzione, nel pomeriggio, ore 15, si affronta il tema dell’emigrazione dalle valli del Trentino con la proiezione del docufilm “Senza far rumore” che introduce il dibattito con le registe Barbara Fruet e Stefania Viola sulle difficoltà dei giovani che vivono in territori di montagna o valle. Si passa quindi a gettare uno sguardo dietro la telecamera imparando a conoscere le professionalità che non si vedono ma che concorrono a rendere magico il mondo del piccolo e grande schermo. Fra gli ospiti Emanuela Rossi, voce italiana ufficiale di Michelle Pfeiffer e doppiatrice anche di Cate Blanchett, Emma Thompson, Robin Wright, Kristin Scott Thomas, Kim Basinger per citare alcune delle attrici a cui ha prestato la voce. L’abbiamo intervistata.

Anticipando l’incontro, cosa racconterà oggi al pubblico?

«Credo che sarà un incontro aperto e di dialogo, ma ci terrei a sottolineare quanto quello del doppiatore sia un lavoro antico e anche se oggi ci sono tante polemiche sulla dignità del film in lingua originale, il doppiaggio è un’arte che spesso da un valore aggiunto a ciò che si vede in video e la storia del doppiaggio è lunga e articolata. E qui si inserisce il tema in senso lato della resistenza»

Qual è il segreto di un buon doppiaggio?

«La professionalità e l’anima. Una cosa è la voce di un documentario, un’altra il doppiaggio che richiede la capacità di respirare assieme all’attore con cui entra in simbiosi per diventare un tutt’uno e, qualora si è all’altezza, regalare un valore aggiunto».

Quanto conta avere una bella voce?

È importante ma poi ci vuole tecnica, studio, preparazione, capacità attoriale. Esistono accademie per imparare a recitare, andare in sincrono, avere un’ottima dizione, saper respirare correttamente. La voce è, lo dice la scienza, quell’ onda emozionale che arriva diritta al cervello ed è capace di farci innamorare o disinammorare. Inoltre si deve saper interpretare quello che si va a dire, entrare nel personaggio emozionarsi per emozionare e rendere in italiano intelleggibile traduzioni che se rimanessero letterali non renderebbero. Penso a Frankenstein Junior e il famosissimo “Lupo ululà, castello ululì” frutto del genio dell’adattatore per una frase che in originale era ben altro, ma che è stata resa magnificamente».

Quindi un lavoro stratificato?

«Ci sono i traduttori, gli adattatori e poi noi cuciamo il tutto».

E fate la magia di farci amare e riconoscere un attore e un personaggio?

«Molti attori vengono identificati assieme alla loro voce ufficiale, ma questo andrebbe detto a produttori e distributori che a volte non danno importanza a come certe voci siano un valore aggiunto all’originale. Penso a De Niro che per tutti ha la voce di Amendola ma che in Casinò è stato sostituito con un’altra voce. Non era più De Niro…. E poi ci sono i grandi come Woody Allen che più di una volta ha dichiarato che la voce di Oreste Lionello ha saputo dare un valore aggiunto alla sua recitazione, una voce che ci ha fatto amare i suoi film in Italia, cosa da Allen testimoniata di persona. Ma questo vale per tanti personaggi o attori, anche se per esempio a me non è mai capitato di incontrare le Signore a cui ho dato la voce, mentre ho incontrato i grandi registi come Robert Altman o John Burman che per “Excalibur” ha fatto un provino per le voci italiane scegliendomi».

Una performance che le è cara?

«Aver doppiato un personaggio sordomuto in “Le farò da Padre” di Alberto Lattuada in coppia con Gigi Proietti. Un film in cui attraverso dei suoni dovevo trasmettere delle emozioni»

Come si passa da Emma Thompson a Kim Basinger a Michelle Pfeiffer?

«Abbracciando la maschera che loro indossano in quel ruolo grazie alle proprie doti attoriali ed interpretative».

Un ricordo speciale?

«Gli inizi, quando da piccolina ho doppiato Pippi Calzelunghe. Mi piace dichiarare di aver cresciuto generazioni e generazioni. Oppure quando mi feci trascinare in un’aura spirituale dalla profondità di Olivia Hussey-Madre Teresa di Calcutta».

Una curiosità del suo lavoro?

«Solitamente mi chiedono come facciamo a doppiare le scene di sesso. Io rispondo che abbiamo dei letti e ricreiamo la scena...ma ovviamente non è così, perché si registra da soli».













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