«Il no al doppio passaporto? Moavero ha tutte le ragioni» 

Il politologo è presidente dell’Aisre, l’Associazione italiana di scienze regionali All’Eurac il convegno su identità locali, nuove comunità e disuguaglianze in Europa


di Paolo Campostrini


BOLZANO. A leggere il titolo del convegno all’ Eurac (“Le regioni d’ Europa tra identità locali, nuove comunità e disparità territoriali”) si può capire dove siamo finiti e dove si potrà andare a parare. E pure come siamo cambiati in questi anni economicamente post atomici: sono riapparse le spinte sovraniste e localistiche (le “identità”), si sono intensificate le migrazioni interne e esterne ( le “nuove comunità”) e sono cresciute le diseguaglianze (le disparità territoriali).

La crisi ha colpito gli Stati e le regioni come ha fatto con le persone: facendo salire il divario tra ricchi e poveri e inducendo questi ultimi a migrare ( gli stranieri o i nostri cervelli in fuga) o a chiedere protezione, chiusure, steccati e muri. Come se ne esce?

«Beh, provando a tenere insieme identità e solidarietà» dice Guido Pellegrini. Cioè autonomia e integrazione, autogoverno e equilibri sociali.

Ma, professore, non è che sarà molto difficile con quello che succede? Da Orban a Strache, da Salvini alla Le Pen, alla Brexit...

«Ho fiducia - dice - perchè al di là delle polemiche politiche, spesso ad uso interno, la gente comprende che la ricchezza dell’ Europa è giunta con l’ apertura dei confini, i contatti tra i popoli, la cancellazione delle barriere. E quando sarà chiaro che il vantaggio economico dell’ integrazione è nettamente superiore rispetto a scelte di chiusura, allora si riprenderà il cammino..». Guido Pellegrini insegna Statistica alla facoltà di Scienze politiche e sociologia dell’ Università di Roma e si occupa di metodi di valutazione delle amministrazioni regionali, collaborando spesso, in quest’ ultimo ambito, con la Provincia di Trento. All’ Eurac ha coordinato, in qualità di presidente dell’ Aisre, l’ Associazione italiana di scienze regionali, la fitta tre giorni all’ Eurac per la 39sima conferenza scientifica annuale. Decine di studiosi, ricercatori, docenti, consulenti di regioni e province, autonome e no.

Professore, l’ autonomia è ancora una risposta possibile rispetto al crescere delle identità territoriali, dei localismi?

«L’ Europa non è uniforme e poi la crisi economica ha cambiato il quadro di riferimento».

Con quali conseguenze?

«Due, in particolare: ha posto in discussione consolidate strutture politiche e economiche facendo apparire nuove possibili direzioni di crescita e poi ha indotto le migrazioni. Sia esterne, dall’ Africa o dal medio Oriente, che interne».

E come hanno risposto le “strutture consolidate”, cioè gli Stati o le regioni?

«Non sempre correttamente. Ad esempio c’ è ormai un problema generale di diseguaglianze anche tra i territori che sono cresciute con la crisi. E le cui conseguenze sono state a lungo sottovalutate».

Come se ne esce?

«Tenendo insieme il rispetto delle autonomie, perchè tante hanno dimostrato di funzionare bene, ma dall’ altro lato con la riduzione degli squilibri economici tra territori e regioni. Bisogna riuscire a contemperare il federalismo, l’ autogoverno con la solidarietà».

È un passaggio stretto...

«Ma è l’ unico possibile, perchè solo spingendo anche sulla solidarietà e dunque sull’ integrazione tra territori e comunità ci sarà crescita. Anche economica e non solo sociale».

Sembra più difficile adesso, con tanti governi tentati da spinte sovraniste e da chiusure non solo verso i mondi esterni alla Ue ma anche tra Stati e territori europei...

«Non voglio entrare in valutazioni di tipo politico ma penso che tante dichiarazioni siano dovute a dinamiche interne e che il vero problema dell’ Europa sia invece legato alla disomogeneità tra territori, alle spinte di chi accentra e di chi invece delega, alla sottovalutazione delle disparità».

A volte, a questo proposito, l’ autonomia altoatesina è oggetto di invidia.

«Più che invidiarla, servirebbe riconoscere che qui, come in Trentino, c’ è una buona capacità di autogoverno, l’ amministrazione funziona e pure le deleghe».

Ma la crisi accentua le gelosie...

«Non vedo assolutamente motivo perchè il processo di crescita di questa autonomia debba essere interrotto. Serve invece far salire i territori vicini».

Autonomia o federalismo?

«Quest'ultima parola oggi ha poco senso. Direi invece che occorrerà chiarezza normativa. Da evitare una disparità di regole, ad esempio, tra Lombardia o Veneto o Emilia. Le regole devono essere comuni e dunque omogenee, ogni regione potrà invece decidere in libertà dove riversare le proprie risorse. In questo caso sì decidendo autonomamente».

Cosa pensa della questione del doppio passaporto, a proposito di disparità...?

«Che ha fatto bene il ministro Moavero a scrivere quello che ha scritto, chiarendo che su certi temi non si scherza. E soprattutto, a mio parere, che non vanno piegati ad uso interno, come mi pare stia accadendo in Austria».

Toni duri, quelli del nostro ministro.

«Inevitabili. Sui nostri passaporti c’ è scritto Comunità Europea. Dunque, cosa si cerca? E poi sono ancor più gravi queste spinte per la doppia cittadinanza in un momento in cui l’ Austria assume la presidenza della Ue. L’ Unione cerca di cancellare i nazionalismi, le barriere e Vienna chiede di differenziare tra cittadino e cittadino? Mah...».

Come si dovrà riuscire a equilibrare le diversità territoriali in Italia, tra autonomie e regioni ordinarie?

«Occorre agire su più punti: un sistema di regole condivise tra i territori, chiara attribuzione delle responsabilità statali e regionali, evitare la configurazione di strutture amministrative diverse, libertà nella distribuzione delle risorse interne alle regioni e infine una specchiata distribuzione dei contributi di solidarietà. Siamo un Paese con molte diversità, dovute non tanto alle norme quanto alla realtà sociale. Dove c’ è più ricchezza ho più risorse. È una questione di redditi, più che di ingiustizie. Ecco perchè l’ autogoverno senza integrazione solidale avrà sempre il fiato corto».

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