La dittatura del machismo 

Il nuovo film di Hofer e Ragazzi. Oggi e domani al Filmclub di Bolzano la proiezione di “Dicktatorship - fallo e basta!”, il lavoro del giornalista di Sarentino e del suo compagno romano. Un viaggio alla scoperta delle storie di ordinario sessismo dell’Italia di oggi


Antonella Arseni


Bolzano. Luca e Gustav sono una coppia di giornalisti - il primo romano, il secondo della vicina Sarentino - e vivono serenamente a Roma da tanti anni.

La fortuna per noi spettatori è che, ciclicamente, succede qualcosa che li sconvolge e, dopo averne animatamente discusso in casa, decidono di farne un documentario, cosicché anche tutti noi possiamo conoscere e condividere le loro interessanti analisi sociali.

Dopo avere vinto nel 2009 il Bolzano Film Festival Bozen con il documentario autobiografico Improvvisamente l’inverno scorso, che poi fu premiato a numerosi festival internazionali, ed essere stati entrambi, nei vari anni passati, in giuria a Bolzano, Luca Ragazzi e Gustav Hofer presentano stasera e domani alle 20.30 al Filmclub il loro nuovo film: Dicktatorship – fallo e basta!.

Chiediamo subito agli autori di parlarcene. «Un giorno, a colazione, una battuta infelice ha rischiato di mettere in crisi il nostro rapporto di coppia – ci dice Hofer - possibile che io non si sia mai reso conto che Luca è un maschilista? E come mai anche un uomo progressista come Luca è capace di atteggiamenti sessisti senza neanche accorgersene?».

La discussione è stata il pretesto per iniziare un’analisi puntuale del loro – e nostro – Paese. Un viaggio alla scoperta delle storie di ordinario sessismo dell’Italia di oggi, tra integralisti cattolici, improbabili raduni per “uomini veri”, esperimenti scientifici rivelatori.

Incontrando diversi esperti nel campo della sociologia, della scienza, delle arti e persino del porno, provando ad orientarsi nell’intricato mondo dei rapporti di potere tra uomo e donna, Gustav e Luca guidano lo spettatore in un viaggio caleidoscopico e a tratti esilarante che li porterà a una conclusione inevitabile: sono gli uomini a dover cambiare, perché le donne, a quanto pare, lo hanno fatto già da tempo.

«Avere il pene significa essere incatenati ad un folle – ci spiega Ragazzi - lo diceva Sofocle, più di 2500 anni fa. Aveva ragione allora e avrebbe ragione anche oggi, se si pensa a Donald Trump e al suo atteggiamento apertamente misogino che non gli ha impedito di diventare Presidente degli Stati Uniti. Intellettuali, femministe, attivisti, sociologi – e persino qualche repubblicano – si sono chiesti: come è stato possibile?».

E così gli autori hanno pensato che, se c’è un Paese al mondo che può rispondere a questa domanda, quello è l’Italia. «Ogni cosa qui sembra ruotare intorno all’organo genitale maschile – continua Hofer - basti pensare che esistono ben 887 modi diversi per definirlo».

E dell’Italia raccontano, Hofer e Ragazzi, la patria del latin lover e il Paese che per decenni ha idolatrato Mussolini (e la passione del Ventennio per gli obelischi è cosa nota), e poi – per almeno altri due – Berlusconi: tutti personaggi che, in qualche modo, hanno fatto del maschilismo, del machismo o del sessismo la loro carta vincente.

Ma perché nella cultura mediterranea, si chiedono i registi, l’uomo sembra dover necessariamente rispondere a un’ideale di virilità: ma cosa si intende davvero per virile? L’uomo virile è “solo” un seduttore impenitente e un amante instancabile, o deve essere prepotente, violento, oppressore? Qual è la differenza tra l’essere uomo e l’essere “maschio”? La cosiddetta “crisi del maschio contemporaneo” altro non è che la sua perdita di potere? Da dove nasce questa idea balzana della supremazia maschile? Come reagiscono gli uomini di fronte all’emancipazione femminile? Come mai un sistema apertamente misogino viene ancora preservato? Perché ancora oggi si educano in modo profondamente diverso i figli maschie e le figlie femmine?

Le domande sono tante, e per cercare di rispondere alla più importante di tutte – di chi è la responsabilità? – Luca Ragazzi e Gustav Hofer hannno indagato su quelli che secondo loro sono i pilastri del sessismo in Italia: la scuola, la politica, i media, la famiglia e “last but not least” la Chiesa.

«Rispetto ai nostri film precedenti, i temi affrontati in Dicktatorship possono sembrare meno immediatamente autobiografici – sottolinea ancora Ragazzi. Non è così, ci sentiamo direttamente chiamati in causa, in primo luogo come cittadini e poi come coppia gay, dal momento che – com’è ampiamente dimostrato dai fatti prima ancora che dalle statistiche – misoginia e omofobia sono facce di una stessa medaglia».

Ma attenzione, questo non vuole essere un film contro il maschio: piuttosto il tentativo di capire cosa sta succedendo nella nostra società, ancora prepotentemente dominata da uomini bianchi e – almeno ufficialmente – eterosessuali. La storia è stata scritta da loro e per loro, ma è giunto il momento di far levare altre voci.

Dopo l’anteprima mondiale al festival Hot Docs di Toronto, uno dei principali appuntamenti mondiali dedicati al documentario, il lavoro di Hofer e Ragazzi che arriva oggi nelle sale italiane a anche a Bolzano, partirà per un tour mondiale sicuramente riscuotendo sicuramente il successo dei loro lavori precedenti.













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