Pragmatismo e visione, ritratto di un anti-populista

L’asse con Mitterand diede un impulso devisivo al Trattato di Maastricht La rottura con la Bundesbank sulla riunificazione tedesca e le critiche alla Merkel



Il giorno dopo l’ Europa intera, commossa, celebra Helmut Kohl: l’uomo che guidò la Germania dal 1982 al 1998, favorendo la caduta del Muro, riunificando il Paese e promuovendo la nascita dell’euro. Come tutti ormai sanno, l’ex cancelliere è morto venerdì nella sua casa di Ludwigshafen, il paese della Renania-Palatinato in cui era nato, all’età di 87 anni. Dal 2008 era costretto sulla sedia a rotelle per una caduta e in seguito un ictus ne aveva molto limitato la capacità di parlare. Kohl è stato il cancelliere più longevo dai tempi di Otto von Bismarck, 16 anni ininterrotti al potere con la sua Cdu, e come nessun altro ha segnato un’epoca della storia tedesca ed europea. A partire dalle spallata al Muro di Berlino e dalla riunificazione della Germania, tra il 1989 e il 1990, ottenute sempre in uno spirito di forte europeismo. Eppure non era un grande oratore e neppure un visionario: era un politico a tratti grigio, testardo ma pragmatico, con l’accento provinciale e uno stile da uomo comune. Era arrivato alla cancelleria dopo una lunga gavetta fra i cristiano-democratici, a cui aveva aderito nel 1946, e una manovra per rovesciare Helmut Schmidt insieme ai liberaldemocratici. Se la caduta del Muro fu il frutto di una serie di fattori che portarono alla fine della Guerra fredda, la riunificazione un anno dopo fu una battaglia che Kohl condusse quasi da solo, contro la realpolitik degli altri leader europei, Francois Mitterrand in testa, contro Mikhail Gorbaciov, e contro esponenti della stessa Cdu. Il prezzo fu alto: Kohl ruppe con la Bundesbank imponendo il cambio alla pari fra il marco dell’Ovest e quello Est, deciso anche per arginare la migrazione da est a ovest. Come contraltare ai timori di una nuova egemonia tedesca, Kohl mise sul tavolo la rinuncia al marco e un’accelerazione dell’integrazione europea e dell’adozione dell’euro. L’asse franco-tedesco tra Kohl e Mitterrand diede l’impulso decisivo all’integrazione europea con il Trattato di Maastricht e l’unione economica e monetaria. Il declino di Kohl, con la sconfitta contro il socialdemocratico Gerhard Schroeder e nel 1998 e lo scandalo dei fondi neri scoppiato l’anno dopo, coincise con l’ascesa di Angela Merkel, «das Mädchen» (la ragazza) come la chiamava lui. Lei, dopo essere stata più volte ministro nei suoi governi e successivamente segretario della Cdu, lo scaricò quando non volle fare i nomi dei finanziatori del partito. Nel 2001, sua moglie Hannelore, da anni in preda a una grave allergia alla luce, si suicidatò. Kohl si sarebbe risposato nel 2008, dopo aver subito una caduta e una parziale paralisi, con Maike Richter, 35 anni più giovane di lui, criticata nei media per averlo isolato dal resto del mondo. Uno dei figli, Walter, lo accuserà in un memoriale di esser stato un pessimo marito e padre. Tra le rare prese di posizione degli ultimi anni c’era stata quella del 2011, quando in piena crisi dell’euro aveva criticato le politiche di austerità e la gestione della crisi da parte della Merkel. «Sta distruggendo l’Europa che ho costruito», ebbe a dire. Nel 2014 aveva criticato il successore Schroeder per aver consentito l’ingresso della Grecia nell’euro e la violazione delle regole Ue sui conti pubblici. «Un vero amico della libertà e l’uomo che io considero uno dei più grandi leader dell’Europa del dopoguerra», lo ha definito in un messaggio George Bush padre, tra i pochi a non opporsi alla riunificazione tedesca. Per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la scomparsa di Kohl «priva la Germania di una grande personalità e l’Europa di uno dei suoi padri nobili». «Da autentico uomo di Stato, seppe coniugare pragmatismo e capacità di visione, fornendo un contributo coraggioso non soltanto alla caduta del muro di Berlino e alla riunificazione della Germania, ma anche al superamento delle drammatiche divisioni che, per decenni, avevano lacerato l’Europa», ha scritto Mattarella. Le bandiere europee davanti alla sede delle istituzioni Ue a Bruxelles sono state ammainate a mezz’asta in segno di lutto. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, lo ha definito «l’ essenza stessa dell’Europa».

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