Sangue giusto, un romanzo  di storia italiana e di viaggi 

«Così termino quella che io stessa ho definito la trilogia dei padri/patria» La scrittrice Francesca Melandri in tour per l’Alto Adige con il suo nuovo libro



ORTISEI. Ilaria sale i sei piani di scale che la separano dal suo appartamento, in un vecchio palazzo romano senza ascensore. Ad attenderla in cima trova una sorpresa: un ragazzo con la pelle nera e le gambe lunghe. «Mi chiamo Shimeta Ietmgeta Attilaprofeti» le dice, «e tu sei mia zia.». Così comincia “Sangue giusto”, il nuovo romanzo di Francesca Melandri, che la scrittrice romana presenterà mercoledì 15 alle 17,30 presso il centro Luis Trenker di Ortisei e giovedì 16, alla stessa ora, a Corvara. A coordinare i due incontri, sarà il direttore del nostro giornale, Alberto Faustini. Quindi Francesca Melandri sarà alla casa Michael Pacher di Brunico il 18, alla Biblioteca Civica di Dobbiaco il 19 e infine, il 24, a Santa Cristina in Val Gardena. Francesca Melandri, dopo aver iniziato la sua carriera come sceneggiatrice, ha esordito nella narrativa nel 2010 con “Eva dorme”, premiatissimo romanzo che ripercorre gli anni del terrorismo sudtirolese, seguito da “Più alto del mare”, anche quello premiatissimo, e questo nuovo “Sangue giusto”. Ne parliamo con Francesca Melandri, partendo dal particolare titolo. “Il titolo si offre a diverse letture. C’è il tema del razzismo, l’idea che ci siano un sangue giusto e un sangue non giusto. Poi c’è il tema dei legami di sangue. Le relazioni di sangue, all’interno della famiglia, sono sopravvalutate? Le relazioni tra consanguinei sono per forza più profonde? E infine c’è un gioco di parole. Ius sanguinis: diritto di cittadinanza in un paese se ce l’ha uno dei genitori.”.

Un libro pieno di segreti.

“Più che altro Ilaria si rende conto di quanto sarebbe stato facile decifrare i segreti. La scatola del padre è sempre stata in soffitta. Quindi, vogliamo veramente scoprire i segreti o ne abbiamo paura?”

Anche questo romanzo, come i due precedenti, attraversa un pezzo della nostra storia.

“Questo romanzo conclude una trilogia di romanzi basato sul racconto di storie di fantasia, ma con una forte componente storica. Io la chiamo la trilogia dei padri/patria. In tutti la figura del padre è molto importante, sia quando è assente come in “Eva dorme”, che quando è molto presente come in “Più alto del mare”, oppure è un padre complicato, di cui non si sa tutto come in questo romanzo. Sono tre riflessioni sulla nostra identità nazionale attraverso le relazioni dei figli con i padri”.

Anche in questo romanzo ci sono diversi viaggi paralleli: quello di Ilaria alla ricerca della verità, quello di Shimeta verso l’Italia, quello di Attila Profeti in Etiopia.

“Nei miei romanzi ci sono sempre due dimensioni: quella del tempo, perché ci sono sempre scavi nella storia, e quello dello spazio. Lo spostamento fisico è importante per togliere i personaggi dalla loro quotidianità ed esporli alla conoscenza di se stessi. In questo romanzo ci sono due viaggi: da nord a sud, verso le colonie, quello di Attila, e da sud a nord del ragazzo, che fa lo stesso viaggio, in direzione contraria e con ben altre difficoltà. E’ stato impossibile tradurre questo titolo nelle altre lingue. In olandese è diventato “La lunga strada verso Roma”, mi piace, è la sintesi di questi viaggi”.

Attila è l’emblema dell’italiano?

“Gli italiani sono tanti, ma Attila racconta un atteggiamento molto medio dell’italiano di fronte alla storia. E’ l’italiano che si arrabatta, che non assume responsabilità, ma non è neanche un criminale. Non è un eroe, ma neanche un assassino. E’ medio. Mi piace molto di più la scala dei grigi, che dei bianchi o i neri”.

Qual è il senso e l’importanza della storia nei suoi romanzi?

“La storia mi interessa solo perchè mi fa capire il presente. L’unico tempo in cui viviamo è il presente. In Germania hanno capito meglio che in Italia che questo è un libro, che attraversa cento anni di storia, ma è un libro sul presente, molto più interessante, per i lettori e per me”.

C’è qualcosa di autobiografico in questo romanzo?

“Le personalità di Attilio Profeti e mio padre sono molto simili. Mio padre non è stato in Etiopia, ma è stato in Russa. Hanno entrambi lo stesso sguardo affettuoso. Entrambi appartengono alla generazione delle persone naturalmente fasciste, quando c’erano pochissimi antifascisti. Come Attilio, anche dopo, mio padre non ne ha mai parlato. Ora mi chiedo: come si fa a gestire la vita se non puoi parlare con nessuno della tua giovinezza, perchè eri dalla parte sbagliata della storia?”. (d.mi.)















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