Tutto pronto per Nesli col “Vengo in pace tour” 

Bolzano. Il cantautore, in concerto martedì al Cristallo, sperimenta la dimensione “teatrale” «Ascoltando le canzoni d’amore sorrido spesso per l’uso sbagliato che si fa di quella parola»


DANIELA MIMMI


Bolzano. Francesco Tarducci ha deciso di chiamarsi Nesli, l’anagramma di Lines, come i pannolini, il nomignolo con cui proprio il fratello lo chiamava da piccolo, a casa. E con questo nome, il fratello più piccolo di Fabri Fibra è arrivato a farsi conoscere in tutta Italia. In questi giorni è partito da Roma il “Vengo in pace tour 2019” che farà tappa anche a Bolzano, al Teatro Cristallo, il 26 marzo, all’interno della rassegna Racconti di Musica. Al Cristallo Nesli sarà accompagnato da Max Baldaccini (batteria), Luca Cirillo (tastiere), Mirko Fretti (basso), Emiliano Fantuzzi (chitarre). Il nuovo album di Nesli chiude idealmente la trilogia iniziata nel 2015 con “Andrà tutto bene”, in un percorso musicale alla ricerca di una serenità e di un equilibrio interiore, passando attraverso il peggio di sé. Questo è il terzo album, dopo “Andrà tutto bene” (2015), “Kill Karma” (2016) e “Vengo in pace”, nati separatamente, ma che hanno finito per dare un perfetto senso logico a questi ultimi quattro anni di vita del cantautore. L’album è stato anticipato digitalmente dai brani “Maldito” e “Vengo in pace” e in radio da “Immagini” e “Viva la vita”. La produzione dell’album è stata affidata a Brando che ha saputo dare coerenza musicale ad un lavoro che spazia molto sia per le tematiche affrontate sia per il sound. L’album, pubblicato in CD e digitalmente, contiene undici brani, tutti scritti da lui. Lo abbiamo intervistato.

Come si trova a cantare in un teatro?

Quello bolzanino è una specie di battesimo del tour teatrale che ho in mente. Penso che la mia musica stia benissimo in un teatro, perché ci stanno bene le emozioni e le parole, che sono molto importanti a teatro e nelle mie canzoni. Il teatro non è solo un cubo che accoglie le persone, accoglie il suono che diventa più dolce.

Avete deciso la scaletta?

La stiamo definendo. Ci saranno 9 pezzi del nuovo disco, le altre dobbiamo ancora deciderle. Kill Karma lo abbiamo già spremuto abbastanza nei tour passati.

Finisce con Vengo in pace questa trilogia?

Sì. Da un punto di vista tecnico e pratico perché i contratti con le case discografiche di solito prevedono tre dischi. E’ un ciclo quasi naturale: ho fatto una decina di album in studio, in tre fasi. Ma non do niente per scontato. Di sicuro so che ci sarà un nuovo corso, non so quale. Questi miei ultimi tre dischi sono stati molto importanti per la mia carriera.

Come mai questa volta non ci sono canzoni d’amore?

A dire il vero una c’è: “Ricorderò”, dedicata a Chiara, ma non dirò chi è. Kill Karma parlava solo d’amore, adesso parlo di altro: della vita, della nostra esistenza, di sentimenti forti, parlo del sociale e della politica. Ascoltando le canzoni che parlano d’amore a volte mi viene da sorridere. Anche perché si usa la parola amore in modo sbagliato, a volte in modo infantile o immaturo. Adesso sono cresciuto, ho bisogno di uno scopo.

Ha detto che vuole distruggere le barriere. Quali?

Al momento combatto chi non sa prendersi le proprie responsabilità: le responsabilità nella vita, nel lavoro, la responsabilità del cellulare, che è pericoloso in mano ai ragazzini o ai politici. È un sistema troppo facile e veloce. Ma i miei, sono colpi di pace.

È difficile prendere le distanze dal rap italiano?

Il rap italiano si prende le distanze da solo. Un rapper può solo fare il rap. Io volevo fare altro, non volevo chiudermi dentro a un genere. Ne ho preso le distanze. Adesso la mia è solo Nesli musica.

Le piace la definizione di cantautore?

Sono un cantautore perché scrivo i testi e le musiche e canto le mie canzoni. Né più né meno.

Ha detto che scrivere una canzone è una terapia.

È una terapia per l’ascoltatore. Per me è il contrario, perché ogni canzone implica una diversa percezione di me. Non guarisce, anzi!.

Si sente ancora perfettamente sbagliato?

Assolutamente sì e lo sarò fino alla fine. C’è una frase che mi rappresenta bene e che direi a un ragazzino: l’unico modo, è il tuo modo.















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