UOMINI E LUPI»INTERVISTA A MARCO APOLLONIO

Sono mesi che si parla di lupi. Se n’ è parlato tanto, qualche volta troppo, e spesso a sproposito. Una questione divenuta talmente centrale nel dibattito politico che la voglia del lupo di sbranarsi...


di Mauro Fattor


Sono mesi che si parla di lupi. Se n’ è parlato tanto, qualche volta troppo, e spesso a sproposito. Una questione divenuta talmente centrale nel dibattito politico che la voglia del lupo di sbranarsi le pecore è niente rispetto alla voglia di Volkspartei e Bauernbund di sbranarsi il lupo. Al punto da condizionare e orientare i rapporti tra governo centrale e autonomia, tra Bolzano e Roma, con un occhio alle elezioni provinciali del 21 ottobre anche in chiave di future alleanze. E di lupo si parlerà anche questa sera, 14 settembre, alle 20 al Museo di Scienze Naturali di via Bottai a Bolzano. Stavolta però niente chiacchiere a vanvera.

Ospite del museo un relatore di primo piano: Marco Apollonio, ordinario di Zoologia presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’ Università di Sassari, fino al 2010 presidente dell’ Associazione Teriologica Italiana e membro fondatore della rete europea “Carunet” che si occupa de rapporto tra predatori e prede. Alle spalle 25 anni di ricerce sui lupi, uno dei tecnici più autorevoli a livello nazionale e con un solido profilo internazionale.

Tema dell’ incontro è “Il lupo in Toscana: monitoraggio, ricerca e proposte di gestione da uno studio a lungo termine”. Nel 1992 infatti in quella regione è partito uno studio a lungo termine sul lupo culminato con quattro anni di monitoraggio sull’intero territorio regionale e un programma, di rimozione degli ibridi fra cane e lupo. Un’ esperienza da cui si possono ricavare riflessioni interessanti sul futuro del lupo in Italia ed in Europa occidentale e per giungere ad una gestione proattiva dei problemi di conservazione e gestione di questa specie. Di tutto questo parlerà Marco Apollonio. Che abbiamo intervistato.

Professor Apollonio, una relazione tanto più interessante visto che quest’ estate, col “patto del Pordoi”, l’ assessore toscano Marco Remaschi si è unito agli assessori di Bolzano e Trento, Arnold Schuler e Michele Dallapiccola, nella richiesta al governo e all’ Unione Europea di concedere autonomia ai territori nella gestione del lupo, prelievi selettivi compresi. Come valuta questa alleanza?

«La trovo un po’ strana, diciamo. Quantomeno prematura. La richiesta di maggiore autonomia è comune ma il punto di partenza è completamente diverso. Voglio dire: in Toscana ci sono 550 lupi, in Alto Adige neppure un branco stabile. Sono situazioni non comparabili che richiedono approcci diversi. Non ho nulla in contrario a politiche di decentramento ma, come premessa, è necessario che si accompagnino sempre ad una efficace attività di monitoraggio e alla messa in opera delle misure di prevenzione. In Alto Adige si fa bene il monitoraggio ma quanto a prevenzione mi pare che si sconti un certo ritardo».

E la Toscana?

«In Toscana l’ attività di monitoraggio è stata interrotta nel 2016 e lo stesso vale per il piano di controllo e prelievo degli ibridi».

Perchè?

«Per scelta politica».

Una gestione decentrata non rischia di perdere di vista il quadro generale? In altri termini, per una specie che si muove molto come il lupo che senso ha programmare prelievi su base provinciale? Basta ricordare che a livello regionale una gran parte dei branchi sono transfrontalieri e coinvolgono anche il Veneto...

«Dal punto di vista teorico è vero, una scala provinciale è troppo poco per una programmazione efficace. La scala corretta di riferimento è quantomeno la popolazione alpina. Detto questo però la gestione del lupo deve essere anche contesto-specifica. Sul piano pratico sono cioè le persone che abitano sul posto a dover valutare la situazione. Bisogna trovare un punto di equilibrio. Per fare questo servono regole chiare e coordinate. Un buon esempio mi pare quello della Slovenia, che stabilisce annualmente a livello nazionale una quota di prelievi e che poi dialoga coi territori valutandone le diverse esigenze e richieste. La base di partenza potrebbe essere, per esempio, l’ applicazione di una quota proporzionale in funzione della densità di popolazione».

Quali sono le quote di prelievo nei paesi Ue dove è consentito?

«Oscillano intorno al 10%».

Questo spiega anche perchè le misure di prevenzione siano un passo assolutamente necessario anche in presenza di abbattimenti.

«Sì certo. Non c’ è prelievo di tipo venatorio che possa eradicare il lupo. Anzi, si rischia di peggiorare la situazione. La ricerca scientifica sulla gestione della specie ha provato che esercitare un controllo con abbattimenti non mirati e indiscriminati , porta ad un aumento dei danni perchè disgregando i branchi si moltiplicano gli episodi di predazione da parte di una popolazione destrutturata. Per eradicare una specie come il lupo in un ambiente come quello europeo dove è in atto un massiccio fenomeno di rinaturalizzazione degli ambienti e dove quindi c’ è sempre più spazio per la fauna in generale e per i grandi predatori in particolare il fucile non basta, bisogna utilizzare bocconi avvelenati e tagliole, come hanno fatto nell’ Ottocento. Sono sistemi illegali, banditi da tutta Europa, perseguiti penalmente con l’ arresto anche dalla legislazione italiana. Oltre ad essere per noi oggi, nel XXI secolo, assolutamente inaccettabili dal punto di vista culturale ed etico ».

Lei ha detto che c’ è bisogno di regole chiare e condivise. Per costruire regole condivise bisogna però intendersi anche sul significato delle parole. Lo stesso concetto di “esemplare problematico” è vago e controverso. Quando un lupo è problematico?

«Non esiste un modo oggettivo di definire un lupo come problematico. È una questione di obiettivi - problematico rispetto a cosa? - e, in senso più generale, di tolleranza. Di clima sociale e culturale. Per secoli in Europa la tolleranza è stata zero, oggi, come ho già detto, la situazione è profondamente cambiata. Cercando comunque di rispondere, potrei dire che un lupo problematico è un animale che fa molti più danni dei suoi conspecifici. Quanto di più? Dipende. Dipende anche quanto vale un animale domestico in uno specifico contesto. Insomma, non c’ è una risposta sola, ci sono molte risposte possibili».

Nel dibattito pubblico proprio su questo punto si percepisce una gran confusione. Si ascrive ai lupi problematici anche un animale che si fa vedere a cinquecento metri da un paese.

«Sì, lo so. Capisco i timori, ma sono infondati. Non si può neppure dire che quello sia un lupo confidente. Non credo che in tutta la Toscana esista un solo lupo che non si sia fatto vedere a poche centinaia di metri da un centro abitato. È normale. In Italia, e anche sulle Alpi, con le densità abitative che abbiamo, lupi e uomini, coesistono e in parte coabitano. È così da millenni. In Toscana, dove abito, i lupi transitano a un centinaio di metri da casa mia senza che questo abbia mai creato il benchè minimo problema. Passano e vanno».

E un lupo pericoloso?

«Un lupo pericoloso è un lupo che mi entra in giardino per mangiarmi il cane. Esempio chiaro?»

Chiaro. Passiamo agli ibridi. Altra leggenda metropolitana: gli ibridi si avvicinano alle case e agli insediamenti umani, i lupi veri se ne stanno alla larga.

«Mi pare di avere già risposto. Fesserie. Non c’ è alcuna differenza di comportamento nella scelta dell’ habitat».

Gli ibridi sono più pericolosi dei lupi?

«Gli ibridi sono un problema, ma per i lupi, non per le persone. L' Unione europea considera gli ibridi una minaccia per l’ integrità genetica del lupo e ne consiglia la rimozione. Io sono d’ accordo, vanno rimossi. Allo stato attuale però l’ unica strada percorribile è quella della captivazione, cioè della cattura, perchè non trattandosi di lupi puri ricadono nella fattispecie dei cani vaganti e dunque soggetti alla normativa sul randagismo che ne vieta l’ uccisione. Dunque una situazione non facile da gestire. Posto che comunque non esiste la possibilità di distinguere con certezza un lupo da un ibrido sulla base di un semplice screening morfologico a distanza (dietro un cannocchiale a 200 m. per capirci) l’ idea di procedere ad abbattimenti fatti a vista è profondamente sbagliata, è necessario fare una diagnosi precisa mediante la genetica genetica, dunque l’ animale sospetto deve essere catturato e solo in seguito ai risultati di laboratorio viene definito ibrido o meno combinando i caratteri genetici e caratteri morfologici rilevati».

Ci sono ibridi sulle Alpi italiane?

«Per quello che sappiamo abbiamo casi sporadici di ibridi catturati in Emilia e arrivati sulle Alpi piemontesi».

E nel resto d’ Italia?

«In Toscana il 25% dei lupi è formato da ibridi, sono dati che conosco molto bene perchè sono stati raccolti dal nostro gruppo, ma questo dato non può essere esteso alla popolazione italiana visto che non esiste uno studio che consenta di giungere a queste conclusioni».













Altre notizie

L'intervista

Silvio Zanetti: «A 88 anni ho sposato Dolores: mi dà tanta felicità»

Bolzanino, il 16 aprile ha festeggiato il traguardo dei 90 anni. In via Rovigo è un’istituzione, dopo che negli anni Sessanta si è messo in proprio aprendo una cartolibreria: «Ho fatto fortuna fornendo la cancelleria a scuole, ospedali, pubbliche amministrazioni, caserme» (Foto di Rosario Multari)


Antonella Mattioli

Attualità