«Voglio portare a Bolzano uno sguardo esterno» 

Il nuovo direttore del Museion. Ieri prima uscita pubblica dell’olandese Bart van der Heide «L’italiano? Prometto di impararlo». La presidente Piffer Damiani: «È l’uomo che ci serviva»


Paolo Campostrini


Bolzano. «L’ italiano? Prometto di impararlo. Ora sto a Milano, farò in fretta...». Col tedesco invece, Bart van der Heide si arrangia, da olandese. Meglio l’inglese. Ma il nuovo volto di Museion, scelto per la direzione due mesi fa dal cda, è anche altro, oltre le lingue. E magari proprio per questa sua non immediata adesione al nostro universo convivente (linguisticamente) e complesso (per tutto il resto).

Lo spiega Marion Piffer Damiani, la presidente: «È quello che cercavamo: uno sguardo esterno». Nel senso di uno che arriva qui, da grande tessitore della rete internazionale dell’ arte e di navigatore dei suoi mari, e che proverà a guardare anche all’Alto Adige e ai suoi contesti con un occhio non complice, non abituato ai nostri tic identitari e alle tante gelosie dell’ ambiente. Scelto, in fondo, perchè non ci conosce ma conosce quello che accade fuori di qui. Decisione coraggiosa. Ma c’è dell’altro. Museion viene da anni di direzione di Letizia Ragaglia, la quale ha dato un impronta molto riconoscibile alle sue scelte, in cui il contemporaneo e soprattutto certe sue correnti hanno trovato grande spazio. E ora? Quello che accadrà lo spiega van der Heide usando molto due vocaboli : Geschichte e Zukunft, cioè storia e futuro. «Vorrei cercare i collegamenti tra l’ oggi e ieri. Valorizzando ad esempio la collezione di Museion». Che è ricchissima e articolata. Certo, non univoca , frutto com’ è di acquisizioni effettuate in un lungo lasso di tempo. «Si cercherà - prova ad interpretare Piffer Damiani- di leggere la contemporaneità e le sue espressioni artistiche provando a scandagliare le ragioni per cui il presente dell’arte si è formato in questo modo». Analizzando “anche” il passato per capire il presente. Questo passaggio potrebbe essere decisivo, anche se tutti attendono come sarà declinato in termini di scelte curatoriali. Ma potrebbe essere anche un piccolo strappo con le precedenti gestioni. Nel senso di ridurre quello scarto, molto avvertibile qui (anche per via della necessità di differenziarsi dal Mart di Rovereto) tra moderno e contemporaneo, tra le correnti dell’oggi e del domani e chi, ieri, le ha anticipate magari precorrendole. «Io voglio essere questo ponte» ha scandito ad un certo punto Bart van der Heide. Che, evidentemente, si sente molto sicuro della sua cultura internazionale per non temere di contaminarsi con le collezioni e con ciò che ci ha preceduto. Sicurezza che gli viene dal suo curriculum. Recentemente ha infatti ricoperto il ruolo di curatore capo e responsabile per la ricerca presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam. E durante il suo incarico ha definito l’ importanza per la collezione nel conferire nuovi supporti di ricerca, conservazione e restauro ad opere poche esposte nei Paesi Bassi. Molte mostre personali organizzate, da Seth Price a Rineke Dijkstra, da Jordan Wolfson a Magali Reus, e poi Rafmann , Borouissa, Jana Euler, Zanele Muholi. Prima di dirigere lo Stedelijk, van der Heide è stato direttore anche al Kunstverein di Monaco di Baviera, che ha conosciuto proprio sotto la sua guida una crescita notevole. Ora è impegnato anche a Milano, in vari progetti e anche , ultimamente, con la Quadriennale di Roma. Altro elemento del “programma politico” del nuovo direttore, l’ apertura all'esterno di Museion. Il suo porsi in relazione con la scena artistica locale, senza lisciarle troppo il pelo ma ponendola costantemente a confronto con i flussi internazionali. Ecco, l’ altro doppio binario col quale Musieon prova a ritagliarsi una nuova identità. Dunque flessibilità, su due direttrici: il collegamento da ricercare soprattutto nella collezione tra oggi e ieri, tra il contemporaneo e il moderno e, d’altro canto, la connessione col contesto. Per evitare di porre l’istituzione in una torre inespugnabile. Contaminazione, artistico-temporale, e apertura. Poi ci sono le questioni organizzative. «Lui ci ha convinto per le sue proposte» ha detto la presidente. Vale a dire il disegno di nuovi format espositivi, di piattaforme inedite in cui collegare «una società in profonda trasformazione, anche digitale, con la produzione artistica» ha spiegato il nuovo direttore. Da qui quella “attenzione al sociale” (parole di Piffer Damiani) che pare abbia molto orientato la scelta del cda quando si è trattato di decidere tra i candidati. Quando inizierà questo nuovo corso? Da subito, nel concreto. Formalmente, alla fine della primavera prossima. Quando scadrà il contratto con Letizia Ragaglia, la direttrice uscente: alla quale era stato prorogato l’ incarico ma che, da statuto, non poteva essere riconfermata per un altro mandato, perchè sarebbero stati tre. Come si ricorderà, a scadenza del suo secondo, Museion aveva bandito un concorso per il nuovo direttore, che era andato deserto. Ora lo scoglio è superato. Aggirata la condizione della trilinguità del candidato, anche per via della sua promessa di imparare l’ italiano e lo spessore internazionale e lo “sguardo esterno” che lo contraddistingue, Museion si predispone a incamminarsi su nuove strade. Magari , finalmente, con un occhio anche rivolto , se non al passato, almeno a ieri.













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