Imprese più fedeli al fisco, l’Alto Adige primo in Italia 

Si stima comunque una sotto-dichiarazione annua pari a 759 milioni di euro A livello di imposte evase si calcola in totale una quota pari a 1,1 miliardi



BOLZANO. È l’Alto Adige (3,9 per cento) seguito dal Trentino (4,9%) la provincia italiana con il minor rischio di evasione fiscale delle imprese. Lo affermano gli artigiani della Cgia di Mestre in uno studio comparato tra tutti i territori del Belpaese. In termini assoluti si stima per la nostra provincia una sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese, pari a 759 milioni di euro annui, mentre la stima delle imposte evase complessivamente è pari a 1.144 milioni di euro, ovvero il 12,4 per cento di evasione ogni 100 euro di gettito incassato. Sebbene sia diminuita di oltre 6 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, l’Ufficio studi della Cgia sottolinea che in Italia, a seguito della non corretta dichiarazione dei redditi, sono presenti 93,2 miliardi di euro di imponibile evaso imputabili direttamente alle imprese e alle partite Iva. In altre parole, l’incidenza dell’evasione attribuibile alle aziende sul totale del valore aggiunto prodotto dall’economia non osservata (207,5 miliardi) è pari al 44,9 per cento. Un altro 37,3 per cento dell’evasione è riconducibile al lavoro irregolare (pari ad un valore aggiunto di 77,4 miliardi) e, infine, un ulteriore 17,8 per cento è ascrivibile alle attività illegali e ai fitti in nero (36,9 miliardi).

Nella quota strettamente in capo alle aziende, il macro settore con la maggiore propensione all’evasione è quello dei servizi professionali (attività legali e di contabilità, attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale, studi di architettura e di ingegneria, collaudi e analisi tecniche, altre attività professionali, scientifiche e tecniche e servizi veterinari).

Secondo l’Istat, infatti, l’incidenza della sotto-dichiarazione del reddito di impresa sul valore aggiunto totale prodotto dal mondo delle libere professioni è la più elevata tra tutti i macro settori presi in esame (16,2 per cento); segue la percentuale riferita al commercio all’ingrosso e al dettaglio, trasporti, alloggi e ristorazione (12,8) e quella riferita alle costruzioni (12,3). Più contenuto, invece, il rischio evasione presente nei servizi alle persone (8,8 per cento), nella produzione di beni alimentari e di consumo (7,7 per cento), nell’istruzione e nella sanità (3,9 per cento), negli altri servizi alle imprese (2,8 per cento), nella produzione di beni di investimento (2,3 per cento) e nella produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,5 per cento).

“Per combattere questa piaga sociale ed economica - asserisce il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - la strada da percorrere è una sola: ridurre il peso del prelievo fiscale e rimuovere i numerosi ostacoli burocratici che condizionano, di fatto, coloro che ogni giorno fanno impresa. In altre parole: pagare meno per pagare tutti. Ovviamente gli evasori seriali vanno perseguiti e messi nelle condizioni di non farlo più, ma attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio. Purtroppo, esiste anche un’evasione di sopravvivenza, decisamente aumentata con la crisi, per cui non pagare le imposte ha consentito in questi ultimi anni la salvaguardia della continuità aziendale e dei posti di lavoro”. La ripartizione geografica che registra la percentuale di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato più elevata d’Italia (2) è il Mezzogiorno (7,6 per cento). A livello regionale, invece, è il Molise la regione con la quota più elevata (8,4 per cento), seguono l’Umbria, Marche e Puglia (8,3 per cento), Campania (7,7 per cento), Abruzzo e Calabria (7,6 per cento) e Sicilia e Toscana (7,3 per cento).

Diversamente, la provincia autonoma di Trento (4,9 per cento) e quella di Bolzano (3,9 per cento) sono i territori che presentano un rischio evasione più contenuto.













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