IL PERSONAGGIO

Alex Egger: c’è solo un capitano coraggioso 

È un ragazzo di 38 anni innamorato pazzo della sua città, della sua maglia, dei suoi tifosi: che ora ha detto basta


di Thomas Laconi


BOLZANO. C’è solo un capitano. Tranquilli, non è una semplice dedica, il coro che la curva biancorossa ha intonato a squarciagola in onore del suo condottiero, quello con la maglia numero 17. Dietro a queste quattro parole c’è molto di più, un ragazzo di 38 anni che è ancora innamorato pazzo della sua città, della sua maglia, del suo Bolzano.

Un affetto sincero, mai svanito, che anche dopo 20 anni di carriera e più vivo e forte di prima. Perché certi amori non finiscono mai, Alex Egger lo sa bene questo, lui che quella “C” la porta con fierezza e che ora ha deciso di dire basta ad una carriera bellissima.

Non è un semplice segno distintivo o un riconoscimento come gli altri. No, perché quella ”C” sulla maglia del Bolzano vale molto di piú, tanto di più. Regala gioie, tante, delusioni, talvolta, ma anche oneri e responsabilità.

Lo spogliatoio è la chiave di tutto, quello del Bolzano è speciale, le imprese di oltre 80 anni di storia vincente nascono tutte da lì e anche Egger, nel suo piccolo, questo lungo percorso magnifico ha contribuito a scriverlo, come solo lui sa fare. Non è un capo popolo il capitano, ma un leader che ha basato la sua carriera intera sui fatti, non le parole.

E' rimasto l’unico bolzanino purosangue, ha sofferto e non poco per gli addii degli amici Zisser e Hell, ma nonostante questo ha mantenuto in ogni momento alta e tesa la bandiera dei doveri. Nei confronti della sua gente, dei suoi tifosi, di chi lo ha criticato, ma soprattutto di chi ancora oggi lo ama alla follia.

Non è un semplice giocatore di hockey Alex Egger, ma un fenomeno dalle mani d’oro, tecnica di base fuori dal comune, visione di gioco sopraffina e carattere da vendere, ammirato da tutti, soprattutto dai suo avversari. Lui, cresciuto come attaccante e diventato terzino per necessità, è semplicemente un fenomeno che con il tempo, e questo è il paradosso, è riuscito davvero a superarsi.

Avete presente la classica bottiglia di vino che più invecchia e più diventa pregiata? Egger è anche questo, magari un Santa Maddalena Doc, tanto per citare un’eccellenza di questa terra. Gli anni passano per tutti, ma quei 38 anni sulla carta d’identità di quel “ragazzino” cresciuto con i vicini dell’Ev Bozen, diventato icona dell’hockey di casa nostra, sembrano quasi irreali.

Perché quando si arriva ad un certo punto della carriera, dopo mille battaglie, trasferte lontane, nottate trascorse in pullman, allenamenti, gioie, dolori, lacrime di felicità ma anche di rabbia, la parabola discendente per tanti è quasi sempre un processo naturale dal quale non ci può sottrarre. Per tanti, certo, ma non per lui.

Lo dicono i numeri, lo dice una stagione, quella appena conclusasi, dove il numero 17 del Bolzano ha furoreggiato con la solita, immensa, classe. Uno spettacolo vederlo sul ghiaccio, danzare sui pattini senza mai decollare, trovandosi sempre al posto giusto, nel momento giusto.

Non serve strafare signori, serve sostanza, intelligenza, qualità e sangue caldo. Chi ne ha gioca fino all’ultimo goccia di sudore, Egger in stagione non hai marcato visita.

Mai un infortunio, qualche acciacco si, ma è normale per tutti, assorbito con il solito sorriso di chi la sa più lunga degli altri. 54 partite di stagione regolare, 10 di girone intermedio, 18 di playoff, tutte, dalla prima all’ultima, e poi il record in carriera di gol da terzino, una sfilza di punti, assist illuminanti quasi sempre decisivi, reti di straordinaria importanza (ricordate il pareggio del 3-3 contro Znojmo valso, di fatto, l’approdo ai playoff?), o anche i lampi di genio surreali come il colpo da maestro di gara 3 di finale, tratteggiato in maniera superba dopo meno di 30 secondi?

Sono solo esempi, ce ne sarebbero tanti altri. Ma di capitani come Egger non ce ne sono. Ora che smetterà il vuoto sarà incolmabile per il Bolzano: sará dura, durissima, trovare qualcuno capace di avvicinarsi anche minimamente alla sua grandezza. Era destino che entrasse nella leggenda il capitano, attaccante in origine, per una partita anche secondo portiere, terzino consacrato nel tempo, fuoriclasse e poeta di una generazione, quella dei vari Helfer e Borgatello, che non ha avuto seguito in Italia.

Onore a te maestro Alexander Egger. C’è solo un capitano.

 













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