LA CAMPIONESSA IN REDAZIONE

Manuela Mölgg, la prima estate lontana dagli sci

La campionessa in redazione per raccontare la sua nuova vita dopo il ritiro dall’agonismo


Paolo Gaiardelli


BOLZANO. Finalmente un’estate normale. Dopo 18 anni trascorsi nel massimo circuito dello sci, al termine dell’ultima stagione sportiva conclusasi con la medaglia sfiorata alle Olimpiadi di PyeongChang, Manuela Mölgg ha deciso di dire basta con l’agonismo; ecco che allora le ultime settimane, invece di essere contraddistinte dal lavoro in palestra e dalle prime discese, hanno rappresentato, per la 34enne di San Vigilio di Marebbe, un’ottima occasione per coltivare le proprie passioni - in particolare bicicletta e cucina - e rafforzare in lei la convinzione di aver fatto la scelta giusta nel lasciare il circo bianco. «Ogni tanto capita ancora di svegliarsi la mattina con il pensiero di doversi andare ad allenare, ma per fortuna capisco quasi immediatamente che non mi tocca più - scherza Manuela Mölgg, ospite nella nostra redazione per una diretta Facebook con il nostro direttore Aberto Faustini -. Poi pensando a mio fratello Manfred o al mio compagno Werner Heel, che in questi giorni sono già sulla neve, non provo alcuna invidia».

Battute a parte, un po’ di nostalgia la proverà dopo 18 anni in Coppa del mondo.

«Sicuramente, ma era il momento di staccare. Sono riuscita a trascorrere una carriera intera senza subire infortuni e questo è già un grande risultato. Avevo in mente di chiudere nel 2017, poi però sono tornati i risultati e le Olimpiadi erano alle porte, quindi mi sono concessa un altro inverno e sono contenta così».

Nel corso degli anni sono arrivati 14 podi. Quali sono i risultati a cui è maggiormente affezionata?

«Scelgo l’inizio e la fine di questa avventura. Quindi il secondo posto nello slalom di Aspen del 2004, e gli ultimi tre terzi in gigante, uno di fila all’altro, nella stagione dell’addio. Nel mezzo c’è stato tanto altro, tante gioie, altrettante delusioni, il tutto vissuto dando sempre il massimo».

È stata la testa a far sì che la sua carriera sia durata tanto?

«La convinzione conta davvero, e io sono sempre stata determinata. Ci ho creduto, ho sognato di poter fare dello sci il mio lavoro e ce l’ho fatta, anche se magari non ero la più brava».

Ha avuto, nel momento in cui si è avvicinata allo sci, un mito o un atleta di riferimento al quale si è ispirata?

«Io e mio fratello siamo cresciuti con il mito di Tomba e Compagnoni, ma se devo fare un nome scelgo proprio Manfred; ci siamo sempre spalleggiati a vicenda e l’uno è stato preziosissimo per l’altro».

Nella squadra azzurra, invece, con chi ha legato maggiormente?

«Ho sempre avuto un rapporto speciale con Denise Karbon, che frequento e sento tutt’oggi. Porto sempre con me un ricordo speciale di tutte le ragazze che sono passate in squadra, ma per chi è ancora in attività sono stata più uno sprone che un’amica».

Come lo vede il futuro del team delle discipline tecniche ora che mancherà una figura carismatica come la sua?

«Per mantenere l’armonia ci vogliono certamente i risultati e il compito della Federazione, oggi, è quello di costruire uno staff tecnico che lo permetta al di là delle grandi individualità. Ho sempre detto che avrei voluto in squadra una esperta come me anche quando ho iniziato io e quindi l’assenza in qualche senso si sentirà, ma le qualità per fare bene ci sono».

E nel suo domani cosa c’è, magari il matrimonio o un figlio...

«Per il matrimonio aspetto che chi me lo deve chiedere lo faccia (ride, ndr). Figli chissà, non è obbligatorio essere sposati per averli. Intanto mi dedico un po’ alla bicicletta, sport che amo tanto, e alla cucina, dando una mano nel residence di famiglia. Poi chissà che non esca qualcosa, con la Guardia di Finanza o con la stessa Federazione, ancora legata allo sci».













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