Quando se dicevi hockey pensavi solo a via Roma 

In un incontro al Centro Trevi ricordati i mitici tempi biancorossi al Palafiera


di Daniele Magagnin


BOLZANO. “Emozioni”, l’album di Lucio Battisti, è uscito nel settembre del 1970; l’Hockey Club Bolzano ha vinto il su primo scudetto (’63), non ancora il secondo e, nonostante le frustrazioni in termini di risultati (imperversa il Cortina “alla cecoslovacca”), al Palazzo del ghiaccio di via Roma è un gran ribollire di passione attorno alla squadra, ma anche a un contesto dal grande fascino come la struttura del ghiaccio che sorge in luogo centrale e facilmente accessibile, diventando il punto di incontro dei giovani. “Emozioni” è l’ideale colonna sonora della storia della Bolzano dell’hockey, che ha vissuto gioie e dolori (sportivi) in via Roma. L’altra sera l’hockey su ghiaccio di quello splendido periodo è stato ricordato al Centro culturale Trevi di via Cappuccini, nell’ambito degli eventi collaterali della rassegna ArteSport, in un incontro pubblico intitolato “Via Roma, la storia e il mito dell’hockey bolzanino”. Un evento condiviso dall’Hockey Club Bolzano e inserito tra gli eventi per gli 85 anni della società biancorossa. Tanti appassionati a sentire il racconto dei “giocatori del Bolzano per sempre”.

A ridosso della statua in bronzo del I secolo a.C. del “Corridore” (o “Lottatore”), che faceva parte dell’arredo della Villa dei Papiri a Ercolano, si sono schierati alcuni illustri “gladiatori” del disco su ghiaccio bolzanino che, come ha sottolineato l’assessore provinciale Christian Tommasini, sono stati protagonisti di un periodo splendido in un luogo di forte aggregazione, passione, condivisione.

La scoperta delle solide radici dello sport più amato dai bolzanini sono lontane. Dal 1994 la casa dell’hockey è il Palaonda di via Galvani, prima lo è stato il Palafiera di via Roma, teatro di stagioni trionfali o malinconiche, di battaglie rocambolesche e di grande coinvolgimento emotivo da parte del pubblico. Un fenomeno sociale, bello e genuino. A ricordare le caratteristiche della struttura è stato Giorgio Gajer che, per conto di Fiera Bolzano, è stato il responsabile tecnico e il prezioso referente e della struttura. «L’impianto era stato pensato per la Fiera Campionaria e per l’hockey, tanto che il Coni riconobbe un contributo per la destinazione sportiva. Era centrale e funzionale, rispondente alle esigenze del periodo. Dopo i tempi pioneristici dell’hockey a Campiglio-Piani, all’aperto, il 7 novembre 1953 venne inaugurato l’impianto coperto nel padiglione principale. Prima il ghiaccio con la salamoia, poi le serpentine e l’ammoniaca. Il Palafiera, come fu battezzato, è stato punto di ritrovo per intere generazioni dal pattinaggio all’hockey, in un clima straordinario e la commozione di molti è stata forte quanto è stato abbattuto».

Nella centrale via Roma, la disciplina del disco su ghiaccio trovò una calorosa culla fino al 1993, quando si costruì, a Bolzano Sud il polifunzionale impianto in occasione dei Mondiali gruppo A. A ricordare le gesta dei biancorossi sul ghiaccio di via Roma, dove l’Hc Bolzano s’è fregiato di undici scudetti (il primo nel ’63, il secondo dieci anni dopo, nel ’73, poi gli altri), sono stati proprio gli stessi protagonisti, chiamati a raccontare aneddoti e curiosità, emozioni e passioni, commovendosi e commovendo i presenti, a più riprese. Tra i pionieri, Luciano Gippone, biancorosso negli anni ’50: «Provenivo dall’hockey scolastico, l’allenatore di allora, Matous, mi fece fare un provino e mi piazzò all’ala, ruolo che occupai per diversi anni, fino a quando il fisico mi supportò. Non vinsi nulla, a eccezione delle Coppe Pavoni (mostrate con orgoglio, ndr), ma ho trascorso il periodo più bello della mia vita con tanti amici e una passione straordinaria. Avevamo ancora i pattini a chiavetta, il ghiaccio lo spazzavano con le scope di saggina per poi passare una miscela che usciva da un bidone messo su una slitta…».

Renzo Stenico, giocatore biancorosso nelle giovanili e in prima squadra, prima di diventare il più grande arbitro italiano internazionale e poi presidente dei fischietti italiani e dirigente internazionale, è figlio di Bruno, che con Marco Biasi, Gino Camin e Mario Minuz svilupparono Hc Bolzano, federazione, nazionale e arbitri. «Mio padre - ha ricordato - è stato prima giocatore e poi arbitro con migliaia di partite dirette e un impegno costante per lo sviluppo del movimento. La mia è stata una grande e splendida esperienza nel Bolzano, da giocatore, fino alla squadra senior per poi passare al Merano e al Milano. A proposito del citato allenatore degli anni ’50, il cecoslovacco Milan Matous (dissidente, costretto a lasciare il Paese e a rifugiarsi a ovest perché non voleva vivere agli ordini del comunista Gottwald, ndr), ricordo che, oltre che cavarsela parecchio bene sui pattini tanto che diventò anche l’allenatore della Nazionale italiana, era anche un eccellente tennista».

Alberto De Grandi, uno dei quattro ancora in vita del primo, storico scudetto, ricorda: «Un gruppo eccezionale, con Carmine Tucci leader assoluto e Coletti e Longarini a fare la differenza in un gruppo eccezionale».

Antonio Falciani ha ricordato le esperienze di chi in quel periodo era nelle giovanili, prima dell’entrata in scena dei rappresentanti delle ultime due generazioni del “Palafiera”. Un filo rosso ad accomunare tutti: la passione, l’entusiasmo, la partecipazione, le epiche sfide, le forti emozioni, ma anche la struttura. «Noi iniziavamo gli allenamenti con la gente in coda da ore ai botteghini per acquistare un biglietto - ricorda Rolly Benvenuti -, uscivamo dall’allenamento ed erano ancora lì e in coda stavano ore per entrare in galleria e conquistare il posto sul balcone, dove si vedeva tutto il campo. Il rapporto con i tifosi era speciale».

La ore al Palafiera, oltre il tendone da teatro all’ingresso, erano scandite dagli odori: ammoniaca il mattino, odore di pattini e the il pomeriggio e la sera brulè, sudore e l’odore nauseabondo delle attrezzature. In pista le lampade basse, spesso centrate dai dischi, le reti, i giocatori a contatto con la gente, le reti metalliche, le balaustre di legno...

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