BEIRUT, UNICA E TROPPO BELLA PER POTER VIVERE IN PACE 

Ogni volta che si parla di Beirut mi viene in mente il S. Sebastiano dipinto dal Mantegna. Il capolavoro dell’Louvre raffigura, infatti, in maniera impareggiabile il martirio del santo trafitto...



Ogni volta che si parla di Beirut mi viene in mente il S. Sebastiano dipinto dal Mantegna. Il capolavoro dell’Louvre raffigura, infatti, in maniera impareggiabile il martirio del santo trafitto disordinatamente da troppe frecce. Malgrado la crudele sofferenza inflitta il santo ha comunque lo sguardo sereno: rivolto verso l’alto, alla ricerca di quell’ incrollabile speranza che possa garantirgli un domani. E tutt’attorno è solo una rovina.

Beirut è da secoli una città martoriata dalla Storia. Fin da quando venne rasa al suolo la prima volta nel 140 avanti Cristo durante una guerra fratricida tra sovrani seleucidi, passando poi dai romani ai crociati, dagli ottomani ai francesi, attraverso i millenni di tragedie. Fino ai giorni nostri. Splendori e miserie. Una maledizione che colpisce chi è troppo bella per poter vivere in pace. Proprio come quella gran dama - costantemente contesa e vittima delle invadenti avances dei suoi mille spasimanti – che paga, in maniera sempre tragica, la sua unicità. Beirut è una splendida capitale dove oggi convivono - malgrado mille contraddizioni ed esperimenti spesso falliti – migliaia di cittadini arabi sunniti, di sciiti (che fanno capo ai potentissimi Hezbollah), di cristiano maroniti, cristiani greco ortodossi, armeni, ismaeliti, alawiti, rifugiati palestinesi, rifugiati siriani, curdi, caldei ed europei.

E’ una città occidentale incastonata nel tumultuoso e spesso caotico mondo orientale. E’ una città bella, ma tragica, capece però di risoregre sempre come una immarcescibile fenice. Non sono ancora guarite le ferite della ventennale guerra civile conclusasi nel 1990 e che fu insanguinata dai massacri israel-falangisti di Sabra e Chatila. Era stata praticamente rasa al suo la città per poi tornare ad essere il centro commerciale, imprenditoriale, finanziario e culturale di tutto il Medio Oriente. E’ stata protagonista di una ricostruzione, contestatissima, voluta dal ricchissimo ex presidente Rafiq al Hariri (assassinato nel 2005) che ha consentito una rinascita che ha restituito una capitale il cui centro, oggi, non ha nulla a che invidiare alle più moderne ed eleganti metropoli del mondo. Beirut e il Libano erano riuscite anche a realizzare un fragilissimo, ma esemplare, modello di convivenza tra le varie religioni e confessioni. Ma, come accade allorché si crea un benessere disomogeneo, il nuovo “sogno libanese” ha trovato sulla sua strada mille contrarietà e mille ostacoli. Così la “porta” del Medio Oriente è tornata ad essere teatro degli scontri sanguinosi. Le influenze e le pressioni economico-politiche-strategiche di sauditi, israeliani, americani, iraniani e cinesi sono oggi evidenti. E stridenti.

Benché possa sembrare “votata” ad un martirio senza fine, la bellissima Beirut, spero, possa continuare ad offrire la possibilità di poter ammirare ancora gli spettacolari resti delle antiche terme romane, di ripercorrere la romantica scalinata di St. Nicholas, di visitare il prezioso museo-gioiello di villa Sursock, di poter fotografare il profilo della moschea Al Amin, di bere un buon caffè nella storica Place d’Etoile, di visitare l’elegantissimo Nuovo souk , di stupire di fronte alle ardite architetture dei grattacieli di vetro e acciaio che fanno corona a piazza dei Martiri, di assaporare i dolci e le squisitezze dell’ottima cucina libanese, di partecipare alla movida serale della bellissima gioventù libanese (poco importa se cristiana o islamica!) che abitualmente affolla i locali più in della Corniche e di Rouchen davanti ai due faraglioni simbolo della città e, perché no, anche di addentrarsi nei brulicanti quartieri popolari dove sventolano perennemente le bandiere gialle di Hezbollah o quelle verdi di Amal. Proprio come predisse, cent’anni fa, il grande poeta libanese Khahil Gibran: “Nulla impedirà al sole di sorgere di nuovo nel cielo di Beirut”. Beirut, la bella.















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