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Chi dice e chi tace, destabilizzante Chiara Valerio 



"Chi dice e chi tace”, di Chiara Valerio, primo romanzo della scrittrice ad essere pubblicato per la siciliana Sellerio, candidato al Premio Strega 2024, è un libro strano e destabilizzante. Parla di temi molto attuali, persino di moda – innanzitutto l’amore fra donne, ma non un tranquillo amore di coppia – rinviando però continuamente il clou, o meglio, il disvelamento.

Questo meccanismo del posticipo ne fa un “giallo” (come chiamiamo in Italia le storie poliziesche o di crimini, a causa dell’enorme successo che ebbe la collana I Gialli Mondadori) ma solo in apparenza. Se infatti la storia ruota attorno ad un mistero da sciogliere, la morte di una donna, Vittoria, trovata morta nella sua vasca da bagno, il ritmo non è propriamente serrato, come si converrebbe ad un thriller, e non vi è traccia di investigatori.

In certi momenti sono stato tentato di avvicinarlo a un romanzo come “Il filo dell’orizzonte” di Tabucchi. Ma in Valerio non c’è straniamento metafisico. C’è invece molta concretezza.

Qual è la chiave giusta per “aprire” il libro, quindi? La ricerca dell’identità. Chi è Valeria? Tutto ruota attorno a questa domanda. E il mistero da dipanare è la sua vita, prima ancora che la sua morte.

A provarci è Lea Russo, avvocato di paese e io narrante. Il suo cammino alla scoperta del passato della donna, piombata vent’anni prima a Scauri, paese sulla costa laziale, assieme a una compagna bella e giovane che potrebbe essere anche sua figlia,

Mara, inevitabilmente la condurrà anche a scoprire parti di se stessa, o quantomeno a riconsiderarle. È il doppio-taglio della lama della ricerca.

Vittoria, nei vent’anni trascorsi a Scauri, ha rivelato di sé solo ciò che riteneva necessario, e neanche questo, con ogni probabilità, è stato interamente capito. Ha comprato una casa ribattezzata Costantinopoli, che rimaneva sempre aperta alle visite, poi una barca, cosa insolita, per una donna. Ha lavorato come farmacista. Conosceva le piante.

Giocava a carte al circolo ferrovieri, e vinceva. Sebbene il paese non fosse il massimo della modernità, non si può dire nemmeno che abbia dato prova di scandalizzarsi per la sua condotta anticonformista.

Nessuno, nemmeno il parroco, voleva male a Valeria. Lea tuttavia nutre dei dubbi sulla sua morte. Soprattutto, è divorata dal bisogno di sapere chi era quella donna che le ha messo in mano il suo testamento, e a cui, a detta di Mara, lei piaceva.

Ultimamente mi capita di leggere, delle nuove uscite, i giudizi lasciati dai lettori nei siti delle case editrici e delle librerie on-line.

Spesso li trovo più veri, diretti, divertenti, delle recensioni professionali.

Alcuni dei giudizi che ho letto su questo libro non sono lusinghieri.

C’è chi lo ha definito “noioso” (il più banale dei giudizi), c’è chi si è lamentato per alcune scelte stilistiche, come l’omettere virgolette o trattini nel discorso diretto.

In realtà quello di Valerio è, almeno per tre quarti, un romanzo intimista, umbratile, ma non privo di svolte e colpi di scena. Lentamente cattura il lettore con il suo gioco di specchi, con i suoi detti e non-detti, con i suoi personaggi ben disegnati, con alcuni dialoghi tranchant. Soprattutto, rifugge la facile consolazione.

Vale senz’altro la lettura.

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