E il Trentino dei Festival supera l'Alto Adige (sì, chiamiamolo sempre così)



Da una parte - spinta da una destra tedesca che la Svp riesce puntualmente a sostenere con malcelato entusiasmo - un consiglio provinciale che cancella come se niente fosse la parola «Alto Adige», benché la legge sotto accusa riguardi esclusivamente il nome dell'ufficio di rappresentanza dell'Alto Adige a Bruxelles. Dall’altra, mentre la Lega prima tentenna e poi viene tirata per la camicia da Urzì, il disgusto di Sandro Repetto: «Mi sembra d’essere scaraventato di nuovo negli anni Settanta, non è possibile essere ancora a questo livello di contrapposizione etnica». Dall’altra ancora, un Trentino che mette la freccia e che organizza l’ennesimo Festival di successo. Dopo quello dell’economia (colpo internazionale senza eguali) e quello della montagna (che a Bolzano ha finalmente un satellite, benché ancora piccoletto), ecco quello dello sport: l’ennesima kermesse che non cambia solo i colori di Trento, facendola diventare la capitale d’ogni disciplina sportiva, ma che rende l’Alto Adige (non dovrò mica chiamarlo anch’io «la provincia di Bolzano», vero?) ancor più lontano, ancor più provinciale, ancor più chiuso. Qui a Bolzano si continua a pescare la carta che riporta tutti al via: un modo strepitoso per cancellare in un minuto i passi avanti che si fanno faticosamente - non solo in termini di convivenza e di reciproco rispetto - in anni e anni.

A Trento - al di là di un’economia che tira meno di quella altoatesina - non ci si ferma invece mai sugli allori: si continua a rilanciare. Perché una città non può pensare di vivere solo di gloria esterna (la continua presenza dei turisti): deve cercare anche di cambiare passo al proprio interno. Troppo concentrata sul suo ormai famoso ombelico, questa terra vede distrattamente passare treni che viaggiano a velocità supersonica verso il futuro. Mentre qui si rimpiangono, si ripetono o ricostruiscono errori che non fanno bene a una convivenza sulla quale non bisogna smettere mai di investire, gli altri accelerano.

Ieri, girando per le vie di Trento, dove m’hanno chiamato a moderare un incontro del Festival, ho respirato un’aria che qui ho sentito raramente. E mi sono chiesto che fine abbia fatto il Festival dell’innovazione lanciato a suo tempo dall’allora assessore Bizzo: è durato una stagione, come molte altre idee sempre più simili a giostre sulle quali ci viene concesso di fare un solo giro. Un contentino per farci tacere per un po’, insomma. E per poi tornare a osservare i blitz del consiglio provinciale. Dove il tempo si ferma e retrocede persino, mentre là fuori nessuno aspetta più.













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