Fra facile consenso e buonsenso



I professori dicono che non si cresce per decreto: le misure adottate - scrivono ad esempio Alesina e Giavazzi, che sono peraltro in ottima compagnia - mettono a rischio lo sviluppo e il lavoro. E subito li si accusa di remare contro: contro le riforme; contro la manovra; contro questo governo; contro il cambiamento.

I giornalisti osano sollevare dubbi: sulla manovra; sul «concorso fra amici» che diede la cattedra universitaria al presidente Conte (forse bisognerebbe chiamarlo sempre vicepresidente, visto che a guidare sono Salvini e Di Maio); sugli equilibri di una maggioranza che è tenuta insieme da un contratto che scricchiola e su molto altro. E si parla subito di «stampa mainstream». Incapace di pensare e dedita ad un’unica tendenza: disturbare il manovratore “nemico”. 

L’Europa manda lettere piene di preoccupazione all’Italia. Gli investitori ci considerano un debitore rischioso. E ci si affretta a dire che i timori sono infondati e che la reazione era prevedibile. Insomma: un modo elegante per sbattersene. Fra parentesi: può essere che «questi signori» (il copyright è di Salvini) fra qualche mese - dopo le europee - restino a casa. Ma forse non ci sarà neppure l’Europa, fra pochi mesi.

Il governo gialloverde appare isolato. Accerchiato. Ma i sondaggi dicono che fra gli italiani gode d’un consenso che supera il 60 per cento, anche se alla crescita della Lega (a quota 34 per cento secondo Pagnoncelli) corrisponde un calo del Movimento 5stelle (al 28,5 per cento, secondo lo stesso studio). Curiosità: mentre le uscite di Salvini spaventano, preoccupano e indignano un pezzo di Paese e più di un osservatore internazionale, la Lega raddoppia i consensi: il 4 marzo il carroccio toccò infatti “solo” il 17,4 per cento (e in quel momento fu il tetto più alto mai raggiunto dal movimento).

Cambiare i paradigmi, osare e scommettere sulla crescita, sia chiaro, non è di per sé esecrabile. Ma rincorrere il consenso anziché il buonsenso sì. Essere acclamati dalle folle e sostenuti da forme diverse d’egoismo e rabbia può far piacere a chi è nella stanza dei bottoni, ma non fa ripartire un Paese. Lo divide. Lo indebolisce. 













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