VERSO LE PROVINCIALI

La campagna elettorale così timorosa e così dimessa

Il tono da monsignore di Fugatti che pare mettere la sordina a tutto il centrodestra cosa nasconde? E la rassegnazione silenziosa di Tonini e del centrosinistra? E il Patt dov'è?


Paolo Mantovan


C’è uno strano silenzio. C’è una campagna elettorale dai toni bassi, quasi impercettibili. Da un lato (il centrosinistra) si respira un’aria di remissività addirittura traboccante, dall’altra (il centrodestra-leghista) si registra solo un’attività tutta sottovoce, quasi che alzare i toni fosse un pericolo. È stato certamente il candidato presidente Maurizio Fugatti a dare questo registro alla campagna elettorale del centrodestra. E lo ha chiarito sabato sera, nel suo intervento alla “parata” elettorale delle sue nove liste, dove tutti i discorsi degli alleati sono spariti di fronte al suo tono da vecchio monsignore che tutti vuol rassicurare.

Un discorso così piatto e tranquillizzante in bocca a un leghista non si sentiva da quando la Lega è nata. Per carità, c’è da dimostrare a tutti che è ormai superata l’idea di una classe dirigente della Lega “troppo” popolana e celodurista. Ma un discorso così ricco di sonnifero da parte di un uomo del Carroccio pone degli interrogativi: occorre tranquillizzare il Trentino? C’è il timore di non riuscire a vincere o di non riuscire a vincere “bene” o di non essere ritenuti all’altezza della situazione? Occorre tener buona l’area dei moderati (estesissima in Trentino)? C’è il timore che all’ultimo momento i trentini sentano il cattivo odore di una possibile “padanizzazione” del Trentino? Che poi è quello il vero pericolo alle elezioni provinciali, visto che l’autonomia si difende finché il legame è forte con Bolzano e non quando si vede il presidente del Veneto Luca Zaia salire sulla Marmolada e issare in vetta la bandiera del Leone di San Marco, giusto?

Ebbene, Maurizio Fugatti, attentissimo anche al più piccolo segnale di sfiducia, attentissimo a non far abbaiare mai nessuno dei suoi candidati, disposto a tutto pur di allontanare dalle sue squadre chi mette zizzania, ebbene Fugatti nella sala della Cooperazione, davanti al “suo” popolo di candidati (e davanti alle telecamere) ha detto che è «prima un trentino e poi un appartenente a un partito nazionale», da vero monsignore ha ricordato che «il nostro autogoverno risale al principato vescovile» (ecco) e poi ha pure tranquillizzato i dirigenti provinciali facendo capire che non ci sarà “spoil system”, perché «molti dirigenti in Provincia sono capaci e devono essere messi in grado di poter lavorare» (timori di non avere la “macchina” dalla propria parte?). E tutto il suo discorso è stato un inno alle riforme che si otterranno senza rivoluzione.

Un discorso per abbassare ulteriormente i toni. Per mettere la sordina alla campagna elettorale. E difatti è proprio questa l’aria che si respira. Sembra che tutto sia già accaduto. Che tutti sappiano come andrà a finire. È come non ci fosse più partita. E se dentro il centrodestra troppi attori e candidati pensano solo a come dividersi le vesti del futuro governo, nel centrosinistra c’è un silenzio spaventoso, dove pare che l’unica occupazione sia quella di andare ad assicurarsi i seggi che rimarranno a disposizione.

Eppure la partita è ben diversa. Dovrebbe essere molto diversa. Se il centrodestra ha il coraggio delle proprie azioni e la voglia di governare è tempo che spieghi dove vuole andare davvero, è tempo che si metta in gioco senza fingere di essere silenzioso, è tempo che creda davvero a un “cambiamento”. E che se ne assuma la responsabilità facendo capire a tutti i trentini che non permetterà al governatore Zaia o al suo collega del Friuli Fedriga di issare bandiere del NordEst e della loro vagheggiata macroregione. E se il centrosinistra non l’ha capito è tempo che si butti dentro il ring e vada all’attacco, perché c’è una storia di autogoverno da difendere con i denti, perché dovrebbe mettere in moto un’agguerrita difesa del Trentino da qualsiasi progetto di centralizzazione padana o sovranista-salviniana. C’è il Patt di Ugo Rossi che a tratti pare accorgersi di questa straordinaria posta in palio. A tratti. Forse non abbastanza, nonostante la sua casacca sia quella autonomista per eccellenza. Forse non abbastanza perché già ha abbozzato una sorta di accordo a distanza con Svp e Lega sul piano della Regione. Chissà.

Comunque sia, come vedete, i motivi per scaldare questa campagna elettorale - e scaldarla per motivi importanti davvero - ci sarebbero. Invece continua a prevalere il tatticismo e la remissività. Il tatticismo di monsignor Fugatti che vuol cavalcare l’onda del successo nazionale della Lega, e la remissività di Tonini & co. che non vedono come rimuovere quella scia nazionale. (A proposito di Fugatti e Tonini: è una sfida fra veneti, ve ne siete accorti? Fugatti è nato a Bussolengo e Tonini è di origini venete). Rossi e gli autonomisti hanno uno spazio per riaccendere i riflettori su questioni vitali per il Trentino ma lo usano poco.

E intanto l’audience è sempre più bassa. La campagna elettorale procede senza far rumore, anche se il rumore del 22 ottobre sarà assordante. A meno che negli ultimi giorni - al di là della discesa in campo di Salvini in Trentino - non scattino anche altri elementi provenienti dalla politica nazionale, fra effetto spread e manovre difficili.

p.mantovan@giornaletrentino.it













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