La vittoria (al centro) di Dal Medico a Merano



Alla fine si torna sempre lì. Al centro. E poco conta che si voti per il presidente degli Stati Uniti, per il Comune di Roma o, come nel caso specifico, per Merano. Dario Dal Medico l’ha capito. Ha abbracciato tutti i civici, convincendo persino gli ex margheritini, e s’è ben guardato dal fare patti con la destra (qualunque destra). S’è mosso da vecchio volpone democristiano. E ha spiazzato non solo il favorito Paul Rösch, ma anche e soprattutto chi, nel Pd, pensava che la coalizione giusta fosse proprio quella dell’ex sindaco Verde (e di sinistra). Invece si vince sempre al centro. Come il Pd del democristiano Letta ha ben dimostrato nell’ultima sfida elettorale. E l’analogo trionfo precedente, nelle urne, portava la firma di un altro democristiano: Matteo Renzi. Sempre attento a non farsi tirare la giacca (troppo) a sinistra e (troppo) a destra. E sempre pronto a muoversi invece con disarmante leggerezza anche in ambienti appena più in qua o appena più in là rispetto a quella che un tempo avremmo chiamato balena bianca. Dal Medico ha vinto alla Mancini. Senza guizzi. Difendendosi bene. Senza alzare i toni. Con uno schema fisso e consolidato: il contropiede di chi in fondo si muove però di pochissimo e sempre al momento giusto. Con un paradosso ulteriore: dopo 26 anni, cercando di svuotare il voto d’ogni connotazione etnica, ha riportato nella stanza dei bottoni un italiano. Il miracolo della normalità. Una specie di rivoluzione gentile. Cara certamente anche ad una Svp che in fondo, anche quando s’è leggermente sbilanciata di qua o di là, l’ha sempre fatto come Dc, Cdu e Csu insegnano.

A Bolzano il voto è ancora lontano, ma il “sistema Dal Medico”, per chi già pensa al dopo Caramaschi, è sotto il microscopio. Serve un candidato (o una candidata) che non sia troppo legato ai partiti e che se ne stia alla larga da ogni “ismo”. Non uno buono per tutte le stagioni: la risorsa giusta per un’era che dura da sempre, soprattutto quando non c’è un’emozione nazionale a spiazzare tutti e a sgretolare certezze.

Merano è comunque già un laboratorio. Perché è la città degli equilibri etnici e degli equilibrismi politici. La cittadina della convivenza quasi compiuta. Un’altra bella responsabilità, per il nuovo sindaco. Il lavoro non manca.













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