LA STORIA

"Ma quale Bronx!". Così i giovani di Bolzano vedono (e fotografano) la periferia

Banditi gli smartphone, un gruppo di ragazze e ragazzi dai 14 a1 20 anni ha fotografto per quattro giorni con la macchina manuale il quartiere Europa Novacella. Il risultato è una mostra soprendente alla Biblioteca di via del Ronco



Bolzano. Singh vede un flauto magico di cemento armato. Beatrice il profilo di un transatlantico. Maheen una parete verticale da aggredire con la scala mobile. Alessia misteriose simmetrie religiose. Davide un boomerang gigantesco pronto a falciare i palazzi. Se vi capita, fate un giro alla Biblioteca Europa di via del Ronco, dove, fino al 31 gennaio, sono esposte le foto al quartiere di un gruppo di ragazzi e ragazze dai 14 ai 21 anni che hanno partecipato ad un workshop tenuto da Luca Mich.

Foto vere, con una macchina vera. Una reflex. «Manuale e togliendo tutti gli automatismi», precisa Mich, fotografo professionista con il gusto di trasmettere il mestiere, anzi: l’arte. Qui lo smartphone è bandito. Vietati i ritocchi digitali. Si lavora alla vecchia maniera: l’osservazione, l’esposizione, l’otturatore, l’attesa, la messa a fuoco, l’occhio attento alla ricerca dell’immagine perfetta... Quattro giorni tra spiegazioni tecniche e pratica sul campo. Un'iniziativa nata per festeggiare i 20 anni della Biblioteca, fortemente voluta dalla responsabile Mara Barbierato, e che - Dio le benedica - testimonia quanto siano ancora necessarie, irrinunciabili e vitali le biblioteche. L’«Europa» è un polmone creativo. Ossigeno puro. Libri ma anche iniziative culturali, i laboratori di pittura, le letture “condivise” ad alta voce. Ora la fotografia. «Abbiamo voluto - spiega Barbierato - proporre ai giovani che la frequentano un modo nuovo di raccontare il posto in cui vivono».

Tra flauti e navi. Il risultato è sorprendente: 24 immagini, 12 a colori e 12 in bianco e nero. Istantanee di uno dei quartieri più estesi e anche più recenti (sorto sostanzialmente dal nulla alla fine degli anni Sessanta). Non è un safari urbano, uno scatto e via come se fossimo allo zoo, ma una visione personale di chi è nato tra questi palazzi, ne percorre tutti i giorni strade, piazze, ciclabili, le passerelle volanti che uniscono viale Europa da un lato all’altro. Di chi conosce i passaggi nascosti tra i cortili, il dedalo di garage che sono un’altra città sotterranea, le zone più sicure e quelle meno.

Quel mondo a “strati” all’incrocio con via del Ronco. Le scale mobili, il supermercato Poli, il Frutta-e-Verdura, il Sert, le “Acconciature Prearo”, il “Caffetteria e Aperitivi”, la pizzeria, il Plaza, i balconi con le padelle satellitari, e, appunto, la biblioteca. «Vedere invece di guardare - sottolinea Mich -: questo è stato il punto di partenza». E così, viene fuori, che il rione Europa non è poi brutto come viene descritto. E non è nemmeno male viverci.

Spiega Singh Gurpartap, 19 anni, operaio metalmeccanico. «Da piccolo questi casermoni non mi piacevano per niente. Mi chiedevo a chi fosse venuta in mente un’architettura così squadrata, ripetitiva, grigia. Oggi invece ho capito l’idea. La visione. E l’ho capito grazie al terzo occhio, quello della fotografia. Mi ha aperto un mondo. I flauti di viale Europa, ad esempio, sono meravigliosi. Quando vengono i parenti a trovarci è la prima cosa che faccio vedere...». Li chiama “flauti” e non “pifferi” come la città invece li aveva battezzati con sarcasmo negli anni Settanta. «Se li guardi bene, così eleganti a toccare il cielo, non puoi che rimanere a bocca aperta. La prospettiva è stupefacente».

Beatrice De Filippo, 16 anni, studentessa del Pascoli, è affascinata dalle linee della sopraelevata che «assomigliano alla fiancata di un piroscafo», e dalle «illusioni d’ombre» delle scalinate di Regina Pacis che «sembrano un’opera d’arte grafica». In effetti, la Chiesa di via Dalmazia ha un che di straordinario, con quei colori arlecchino modernissimi e il campanile alto 44 metri che pare disegnato da De Chirico. Una forza che non siamo allenati a vedere, ma che nelle loro foto emerge prepotente. Prendete quella scattata da Alessia Galante, 17 anni. L’ha chiamata “Simmetrie nascoste”. Ha puntato il teleobiettivo sul frontone dove si ripete una misteriosa X quasi invisibile, disegnata tra vetrate e travi. «La fotografia ti permette di comunicare agli altri particolari come questo, che possono sfuggire», dice.

La domenica “sospesa”.

Brian Laurente, 18 anni, quasi a sfidarla la “Generazione selfie”, ha immortalato due ragazze che si ignorano passandosi accanto, ognuna ipnotizzata dal suo smartphone. Le ha riprese senza volto, di taglio e di spalle. «Volutamente anonime come l’indifferenza che provano l’una per l’altra - spiega -. È un aspetto della società che ci circonda, e anche di questo quartiere. Ma non è l’è unico. Infatti io non andrei ad abitare da nessun’altra parte. C’è una vita molto vivace da via Palermo in giù. E tante cose da fotografare».

Valentina Zambito, 21 anni, studentessa di Scienze della Formazione, “sotto” via Palermo non era mai venuta. «Abito in centro. Il workshop è stata un’occasione per mettere il naso in una periferia che non conosco. Spesso se ne parla in termini problematici, invece ho trovato un posto accogliente e “rilassato”. Ho chiamato la mia foto “Domenica d’autunno”». È in bianco-e-nero: una famiglia passeggia tranquilla sulle passerelle di viale Europa. L’immagine è sfumata, si perde nei graffiti lungo le mura.

«Ho visto la contrapposizione tra il caos frenetico del centro, ormai ostaggio del turismo, e la calma placida del quartiere vecchio stile. Qui trovi ancora la domenica “sospesa”, “ferma”, che nelle zone più commerciali di Bolzano non esiste più».

L’uso del bianco-e-nero è massiccio nella mostra, altro segno di discontinuità con il mondo sgargiante generalmente affibbiato ai “Millennial”. Spiega Luca Mich: « Il B/N ha una carica, un’intensità che la foto usa-e-getta non possiede. I ragazzi hanno capito che la fotocamera tradizionale non ha nulla di vecchio. È lo strumento giusto per iniziare a “vedere” le cose in maniera nuova». Dice Mara Barbierato: «Mi aspettavo che mettessero in rilievo le scelte architettoniche discutibili, il degrado, i negozi abbandonati...». E invece? «Invece si sono sforzati di trovare il bello anche qui, dove la storia si conta in decenni e non in secoli, dove si rifugiano gli ultimi arrivati che si mescolano agli anziani arrivati giovani quando il quartiere nasceva». Particolari urbanistici resi speciali da una certa luce o da un personalissimo punto di vista. «Le loro foto inquadrano squarci abitualmente non considerati belli e nemmeno interessanti. Stupisce la loro passione per questo cemento, le barre d'acciaio, per le finestre a specchio che celano realtà non visibili o mai osservate...».

Insegnano anche a noi a vedere la città in modo diverso.

Lontano dai cliché.

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Alla Biblioteca Europa una mostra con le foto scattate al rione Europa Novacella da 10 ragazze e ragazzi. Con la macchina manuale e imparando la tecnica dal fotografo professionista Luca Mich. (Foto Groppo)













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