CONTRO LA MEDIOCRITA'

Marchionne, un invito ai trentini

Il discorso del manager ai giovani, ai prof, all'università, alle istituzioni dieci mesi fa, nel giorno della laurea honoris causa a Rovereto. Quando già sapeva della malattia


Paolo Mantovan


Con il cappello accademico e la toga da laureando che nascondeva il maglioncino, Sergio Marchionne pareva un signore del Rinascimento mentre entrava tra gli applausi nell’aula hi-tech del Polo Meccatronica a Rovereto. Era il 2 ottobre scorso. E stando a quanto ha fatto sapere tre giorni fa l’ospedale universitario di Zurigo (“Marchionne da più di un anno si recava in Svizzera per curarsi”) il manager Fca sapeva già della malattia. Consapevole del suo destino, il giorno in cui gli fu assegnata la laurea honoris causa Marchionne parlò ai giovani: a Rovereto, quel giorno, consegnò un’idea di ciò che poteva valere per il futuro e per sempre. Un testamento.

Marchionne quel giorno dal pulpito, mentre tutti - professori e studenti, giudici e politici, preti e soldati, operai e impiegati - lo guardavano con attenzione, chi con stima e chi con dubbi, ma nessuno con indifferenza, parlò dell’auto e del suo futuro, dei cambiamenti epocali già avvenuti e di quelli che stavano per accadere, del futuro delle tecnologie e del mondo intero, del clima, dell’ambiente, di sfide immaginate e inimmaginabili e alla fine, guardando gli studenti dritto negli occhi ricordò alcune cose. Disse che alcune cose lui aveva imparato: innanzitutto che era sbagliatissimo fossilizzarsi in preconcetti; e poi che era fondamentale sapersi mettere sempre in discussione e - tornando a pensare ai giovani che aveva davanti - che era giusto e necessario essere ambiziosi. E aveva chiuso il discorso con una frase definitiva: “Perché rassegnarsi a una vita mediocre non vale mai la pena”.

Eccolo l’uomo. Ecco Marchionne. Ecco il messaggio che ha voluto lasciare il giorno in cui gli è stato tributato onore, il giorno in cui ha parlato ai giovani.

Qui in Trentino, dentro l’Università, indossando la toga, Marchionne ha lasciato questo monito. In un territorio che egli stesso ha magnificato per le capacità e la lungimiranza del saper investire in ricerca. Ma, al di là dei meriti, l’ “uomo-oceano”, come l’ha definito Faustini, ha voluto lasciare un vero suggerimento: coraggio, datevi da fare, rischiate, buttatevi nel futuro, non dormite, non fatevi sopraffare dalle comodità e dal facile benessere, cercate una vita che non sia mai mediocre. Un suggerimento con lo stile e l’eloquio più del filosofo che del manager. Un messaggio che il Trentino così felice di onorare Marchionne - lo scorso ottobre, giusto in tempo - deve assolutamente recepire. Perché non è un messaggio solo per una piccola classe di studenti, non è l’invito a chi lo adula “capitano, mio capitano”. È davvero l’invito a una generazione, a un’intera Università, al mondo del pensiero oltre che alla politica, a raccogliere un’eredità: studiare, innovare, insistere e, soprattutto, non rassegnarsi a una vita mediocre.

E nell’epoca della politica mediocre, che è specchio e riflesso di una società anziana, impaurita, incapace di rischiare, incapace soprattutto di pensare in grande e di osare, queste parole di Marchionne hanno un tono e un gusto di futuro tutt’altro che insapore. Nella consapevolezza della malattia, una certezza: no alla mediocrità. No alle piccole paure che rendono miserevoli le nostre vite. Sopravvive soltanto chi cerca di capire il cambiamento e riesce a imboccare nuove strade; non ci riesce chi pensa a ritornare indietro. Chi pensa a tornare indietro è mediocre. Parola di Marchionne.













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