Quella croce conficcata in piazza Mazzini



Morire a 34 anni. Nelle vie centrali di una normale e ordinata città di provincia. Su un passaggio pedonale. Morire schiacciati da un camion che è passato con il verde in una Bolzano nella quale i camion viaggiano praticamente ovunque, per il semplice fatto che non hanno un’alternativa.

Nella terra in cui una super circonvallazione, una bella tangenziale e una sostanziosa colata d’asfalto non si negano a nessuno, Bolzano - vista da palazzo Widmann - si conferma ancora una volta un luogo periferico. Nell’eterno rovesciamento che vede coccolata e vezzeggiata la periferia (storico bacino di voti per chi governa la Provincia) e il capoluogo trascurato, se non addirittura dimenticato, accade anche questo. Al di là di ciò che si poteva e doveva fare prima, al di là dell’urgenza che ci spinge, quando siamo in bici, anche a passare col rosso, al di là di un dolore che continua a tornare, insieme alle croci purtroppo invisibili che sono conficcate nel ventre di piazza Mazzini, a essere colpevole è semmai una scelta: quella di non investire mai a sufficienza su Bolzano. Va detto con onestà: gli incidenti, legati spesso anche alla disattenzione o alla fretta di chi muore, ci sono da sempre e ci saranno sempre. E spesso è persino inutile cercare qualcuno da processare. In queste ore vale invece la pena di concentrarsi sulle lacrime, su un’angoscia persino frustrante e sul futuro. Ma il fatto resta: alcune vie somigliano a strade provinciali. E dire “mai più” ha senso solo se si ha il coraggio di intervenire con fermezza. Oggi come oggi, un camion che va ad esempio a Sarentino, se non è dotato di ali deve passare da lì, da quella che ormai tutti noi chiamiamo la piazza della morte. Piazza in senso molto ampio, visto che la situazione - come dimostrano gli incidenti quasi quotidiani - è simile quando si imbocca in bici la rotatoria che c’è davanti al Monumento alla Vittoria o quella di via IV Novembre. Anche di qui la nostra scelta di chiedere ai lettori due cose: di segnalarci le zone pericolose che vedono in città e di indicarci delle possibili soluzioni da girare a mezzo stampa al Comune e, soprattutto, a quella Provincia che, quando si tratta di aiutare Bolzano, certo non solo per quel che riguarda viabilità ed urbanistica, fatica davvero ad allargare i cordoni della borsa. Serve un piano d’emergenza. Ripeto: non per trovare qualcuno da condannare. Semplicemente per ammettere che così non si può andare avanti e per trovare una soluzione che restituisca le strade (sicure) ai cittadini.













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