Referendum, tanti indecisi e una certezza



A pochi giorni dal voto la sensazione dell’incertezza aumenta. E aumenta di giorno in giorno. È una percezione diffusa. Chiunque incontriamo, oltre a confidare la sua intenzione di voto o la sua indecisione, ci chiede: secondo te vince il Sì o vince il No? Nonostante molti si professino “non interessati alla politica” (è ormai diventato un vezzo, anzi, conformismo allo stato puro), questo referendum ha avuto la «forza» di proporsi con prepotenza a tutti. Un merito? O una colpa? A guardare superficialmente potremmo dire che si tratta di un merito. Superficialmente.images

Un merito perché così, finalmente, si è tornati a discutere e a riflettere sulla nostra Carta, che è uno dei testi più belli ed edificanti che la politica italiana abbia saputo costruire, che non è certo blasfemo dire che è “la Costituzione più bella del mondo”, che non è soltanto un susseguirsi di diritti e doveri sotto forma di norme e precetti, ma è anche un bellissimo progetto di paese, una mirabile architettura per una comunità solidale che si fonda sul lavoro, sulla democrazia, sull’uguaglianza e sulla laicità.

In realtà di questa Carta non si è discusso nulla. Anzi. La discussione sulla Costituzione più bella del mondo è stata seppellita dal confronto su mille e mille altre cose. Si è partiti dalla necessità di una riforma della Costituzione per ammodernare il «sistema Paese», per mezzo di una riforma non dei principi generali, bensì del bicameralismo perfetto e del rapporto fra Stato e Regioni, e si è finiti per discutere di tutt’altro. Al punto che sembra di andare al referendum su «italexit» o su «Renziexit».

Al punto che la Costituzione, la nostra bella Carta, è stata trattata come un qualsiasi altro argomento per la battaglia politica. Al punto che la nostra bellissima Costituzione ormai è stata definitivamente «secolarizzata». L’abbiamo gettata in pasto al confronto politico violento, di quella violenza verbale dei nostri giorni, che vive di slogan e di social. Ecco, in mezzo alle tante incertezze sull’esito del voto del 4 dicembre, un dato ormai certissimo. La nostra Costituzione, la nostra bellissima Costituzione, l’abbiamo sporcata. L’abbiamo trattata come una partita sulle trivelle o sulle centrali nucleari. Questo è il dato certo. Un punto di non ritorno. Perché si è sovrapposto tutto.

Un esempio chiarissimo di ciò che è accaduto lo ho avuto di prima persona quando ho partecipato a dei dibattiti (numerosi) fra il Sì e il No (in qualità di moderatore) e dove ho constatato che praticamente sempre vinceva (nell’opinione del pubblico) solo chi sapeva raccontare meglio la sua storia: spesso un raccontino costruito sugli slogan (fosse peril Sì come per il No). E così gli slogan (poi ripresi e spruzzati ovunque tramite i social network), ci hanno inondati tutti quanti. E nel mare degli slogan, nella secolarizzazione della nostra Grande Carta, arriveremo al referendum che sarà un concentrato di referendum nel referendum. Sembra un gioco di parole, ma sono certo che mi capite benissimo.

Questo non è soltanto il referendum sulla riforma costituzionale. Non è il referendum soltanto sull’abbandono del bicameralismo perfetto e sul rinnovato rapporto fra Stato e Regioni a favore dello Stato: su questo voterà una parte probabilmente risibile dell’intero corpo elettorale. Perché sarà anche e principalmente il referendum su renziani e antirenziani (non per tutti, ovvio, ma lo sarà); e poi anche il referendum fra progressisti e conservatori (per molti lo sarà), e sarà anche, fortissimamente, il referendum sul restare agganciati al treno dell’Europa oppure no, un referendum sui timori di recessione economica o al contrario sulla speranza di una svolta. E nella nostra regione alcuni voteranno Sì turandosi il naso perché ritengono garantita l’autonomia, altri voteranno No perché vorrebbero votare Sì ma temono che l’autonomia venga compromessa da un impianto centralista.

E così di referendum in referendum, il significato essenziale va perdendosi. Sarà un voto politico. Per tanti un voto di pancia. Ma non una pancia, milioni di pance diverse. Che dipenderanno anche dalla situazione economica in cui ciascuno sta vivendo. Sulla nausea di certa politica. Sui timori dei propri risparmi. Sulla speranza di crescita. Sulla voglia di un cambio (in un senso o nell’altro). Ecco perché tanta incertezza. Ma la Costituzione, la nostra Costituzione, non si merita un voto di pancia. Mai.













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