Un presidente che riscopre il valore della parola dignità



Lui li strigliava. Loro lo applaudivano. Paradossi italiani. È vero che ad applaudire Mattarella (oltre 50 volte, praticamente ogni minuto) c’era il Parlamento che l’ha eletto, ma è anche vero che lui non è stato tenero nei confronti di chi lo ascoltava. Guardando già all’Italia del dopo emergenza («che dobbiamo disegnare e costruire tutti insieme, per renderla più forte»), s’è però rivolto prima di tutti agli italiani, il (ri)presidente. In particolare «a quelli più in sofferenza, che si attendono dalle istituzioni garanzia di diritti, rassicurazione, sostegno e risposte concrete al loro disagio». Intense le parole dedicate alla dignità:«La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita». La dignità, per un Mattarella ancor più europeista e ancor più attento alle nuove generazioni, è azzerare le morti sul lavoro. È opporsi al razzismo. È impedire la violenza sulle donne. È interrogarsi sulle migrazioni. È combattere la tratta e la schiavitù degli esseri umani. È diritto allo studio, rispetto degli anziani, contrasto della povertà. È non dover scegliere fra lavoro e maternità. È non avere carceri sovraffollate. È non distrarsi di fronte alle disabilità. È vivere in un Paese libero dalle mafie. È un’informazione libera e indipendente. È e deve essere «pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile».

Molto deciso, il presidente, anche sul tema della crisi economica, sanitaria e sociale: «Non possiamo permetterci ritardi, né incertezze. E sulla lotta al virus non ci sono consentite disattenzioni. Quella di cui si avverte l’esigenza - ha aggiunto - è una stabilità fatta di dinamismo, di lavoro, di sforzo comune: non si può sfuggire alle sfide della storia e alle relative responsabilità». E serve tempestività, concetto diverso dalla fretta. Secco il riferimento ai regimi autoritari «che rischiano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono invece ben più solide ed efficaci». Forte anche lo stimolo alle riforme (a cominciare da quella della giustizia e da quella elettorale), che ha legato alla qualità della nostra democrazia. E, di fatto, alla credibilità di una politica che ha il compito «di favorire la partecipazione, di allenare al confronto: senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso». Fra le parole chiave del suo discorso, anche ripresa e speranza: «Per un’Italia più giusta, più moderna». Questa volta sarà un garante ancor più attento e severo. Il messaggio è chiaro. Anche per chi batteva le mani tutto felice.













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