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La biologa molecolare che ha scoperto una nuova malattia fungina nei meleti 

La scienziata meranese Sabine Öttl è riuscita in poco tempo a isolare l’agente patogeno. E così la Glomerella Leaf Spot non fa più paura. «Il segreto? Tanta dedizione e un approccio multidisciplinare con le nostre reti in tutto il mondo per scambiarci informazioni ed esperienze»


Julia Rizzo


LAIMBURG. Sabine Öttl, dirige il gruppo di lavoro Fitopatologia al Centro di Sperimentazione di Laimburg e recentemente è stata nominata viceresponsabile dell’Istituto della Salute delle Piante. Un lavoro in prima linea nella protezione delle colture in Alto Adige. Recente la scoperta di una nuova malattia fungina dei meleti, osservata per la prima volta in Alto Adige. Sabine Öttl, insieme al suo team di ricerca al Centro Laimburg, è riuscita in poco tempo a isolare l’agente patogeno responsabile. Ora le ricerche continuano per seguire il decorso della malattia e identificare le strategie di protezione adeguate.

Qual è stato il Suo percorso di studi e professionale?

Sono nata nel Meranese, in un'azienda agricola frutticola e vinicola e ho la passione per le piante nel sangue. Crescendo, questa passione mi ha portata a studiare Biologia e a specializzarmi con un Master in Biologia molecolare all’Università di Innsbruck. Dopodiché ho conseguito il dottorato di ricerca in Biologia con focus su Genomica e Fitopatologia all’Università Tecnica di Dresda in Germania. Già da bambina mi è stata trasmessa la sensibilità di capire quanto siano importanti per l’agricoltura una buona capacità di osservazione e la comprensione delle connessioni tra organismi e l’ambiente.

Come è venuta a conoscenza del Centro di Sperimentazione Laimburg e come mai ha scelto di lavorarci?

All’epoca del Master ero alla ricerca di un argomento interessante per la mia tesi di laurea. Mio padre mi informò della creazione, nell’ultimo periodo, di un laboratorio di Biologia Molecolare presso il Centro di Sperimentazione Laimburg, che lui conosceva molto bene in quanto agricoltore. Così ho deciso di inviare una richiesta per poter svolgere la mia tesi presso questo laboratorio e da lì il mio percorso nella ricerca scientifica sull’agricoltura ha preso letteralmente il volo.

Ora è responsabile del gruppo di lavoro Fitopatologia e viceresponsabile dell’Istituto della Salute delle Piante. Quali sono le tappe più importanti nel suo lavoro di ricerca che l’hanno portata fin qui?

Finita la tesi del Master ho continuato per tre anni la mia attività di ricerca presso il presso il Centro di Laimburg, specializzandomi nella ricerca nel settore agricolo. Successivamente, ho assunto per alcuni anni la direzione del reparto Qualità di Vog, il Consorzio delle Cooperative Ortofrutticole dell'Alto Adige. È stata per me un’esperienza molto formativa e, anche se non si trattava di un lavoro scientifico, durante questo periodo ho acquisito conoscenze essenziali anche per la ricerca. In primo luogo, ho avuto l’opportunità di vedere e toccare con mano i problemi pratici degli agricoltori e delle cooperative frutticole nella melicoltura altoatesina, il che mi ha fornito tutta una serie di conoscenze che mi permettono ora di lavorare in maniera orientata alle necessità concrete delle aziende del comparto. In secondo luogo, nell’esperienza in azienda ho potuto tessere reti di cooperazione a livello mondiale, comunicare in diverse lingue e, non da ultimo, acquisire capacità di leadership. Con questo bagaglio e seguendo la mia passione per la ricerca scientifica, sono tornata al Centro Laimburg e ho completato il dottorato di ricerca. Lavorare a diversi progetti con collaborazioni a livello nazionale e internazionale mi ha permesso di sviluppare non solo i miei orizzonti scientifici, ma anche quelli personali. Dal 2017 sono responsabile del gruppo di lavoro di Fitopatologia e nel 2021 sono stata nominata viceresponsabile dell'Istituto della Salute delle Piante.

Funghi, batteri, virus, fitoplasmi: il suo pane quotidiano in laboratorio. Quali sono le malattie e i parassiti che minacciano maggiormente le colture in Alto Adige?

Difficile rispondere a questa domanda in termini così generali. Ogni coltura, dalla mela, alla vite, alle drupacee deve fare i conti con i propri patogeni, e, in più, le malattie possono differire anche su piccola scala all’interno di un'area di coltivazione. Inoltre, è molto difficile prevedere l’impatto del cambiamento climatico e della globalizzazione, ma anche l’influenza delle semplici modifiche nella gestione delle colture. Ma se dovessi proprio nominare esempi di patologie per le singole colture, direi il giallume della vite, in melicoltura invece le “classiche”, come la ticchiolatura, però anche quelle più recenti come la fumaggine e Glomerella Leaf Spot che destano preoccupazione - quest’ultime soprattutto per la carenza di agenti fungicidi.

A questo proposito, la recente scoperta della malattia fungina Glomerella Leaf Spot è stato un traguardo importante per il Suo team di ricerca.

Esattamente. All'inizio dell'autunno 2020 è stato osservato un rapido aumento di necrosi fogliari in alcuni meleti dell'Alto Adige. In brevissimo tempo, si è osservata una marcata colorazione giallastra delle foglie e nei frutteti colpiti è iniziata una massiccia e prematura caduta delle foglie. Quasi contemporaneamente sono apparse macchie bruno-rossastre sui frutti, spesso circondate da un alone viola. Una sintomatologia simile non era mai stata rilevata in Alto Adige, perciò, abbiamo condotto ampie indagini fitopatologiche per identificare l'agente causale. In poche settimane siamo riusciti a isolare e identificare in laboratorio il fungo patogeno che causa questa malattia, ovvero la Glomerella Leaf Spot (Gls), osservata per la prima volta in Alto Adige, ma nota da diversi decenni nelle regioni melicole umide e subtropicali del Sud America, nel sud-ovest degli Stati Uniti e in Asia orientale. Da allora, abbiamo fatto numerose ricerche e siamo stati i primi a descrivere in maniera dettagliata questo fungo in Italia. Attualmente sono in corso analisi più approfondite per capire meglio la biologia di questo patogeno e sviluppare delle strategie sostenibili per il controllo della malattia.

Molte competenze che si intrecciano in un lavoro di squadra al fine di preservare e garantire il raccolto. Ci spieghi meglio come funziona la ricerca nell’ambito della salute delle piante?

Di solito partiamo sempre da un'osservazione insolita su una pianta nel campo o su un frutto nei magazzini di stoccaggio, che ci viene segnalata dai centri di consulenza in agricoltura, dalle cooperative frutticole o direttamente dagli agricoltori stessi. Registriamo i sintomi in pieno campo, li confrontiamo con le immagini di danno noti, rileviamo fattori esterni come condizioni meteorologiche e il suolo, e iniziamo le prime analisi in laboratorio. Di norma, adottiamo un approccio multidisciplinare e contattiamo le nostre reti in tutto il mondo per scambiarci informazioni ed esperienze. Una volta identificato l’agente patogeno si prosegue con studi sulla biologia del patogeno e poi, la valutazione di strategie di contrasto, senza le quali l’agricoltura, per le necessità odierne, non potrebbe esistere. Secondo me, la questione cruciale è poi quale tipo di protezione delle piante utilizzeremo in futuro e sono orgogliosa di contribuire allo sviluppo di questo argomento così complesso.

Quali sono le opportunità per una ricercatrice in Alto Adige e in particolare al Centro Laimburg?

Il profilo professionale di ricercatrici e ricercatori è impegnativo, richiede molta dedizione e una lunga formazione. Negli ultimi anni le opportunità in Alto Adige sono certamente migliorate e anche il grande pubblico riconosce sempre di più i benefici che ne derivano. Presso il Centro di Sperimentazione Laimburg, in particolare, sono state create ultimamente nuove aree di ricerca, in modo da coprire un ampio settore dell'agricoltura, nonché delle scienze alimentari.

Per finire una domanda un po’ filosofica. Cosa significa per lei fare la ricercatrice?

Per me essere ricercatrice significa ampliare ogni giorno le conoscenze, avere la possibilità di andare a fondo dei problemi e inserirli in un contesto più ampio. Per esempio, mi emoziona ancora dopo tanti anni quando ottengo i risultati di un sequenziamento di Dna o quando posso osservare bellissime spore fungine al microscopio. Tanta complessità in tanta semplicità: sono convinta che non ci siano molte professioni come questa.













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