le testimonianze

La rivoluzione silenziosa dei papà millennial, protagonisti anche a casa 

«Con i figli solo tempo di qualità». E i più bravi lavano, cucinano e stirano


Massimiliano Bona


LAIVES/BOLZANO. Padri non si nasce, lo si diventa. Ma la vera sfida - anche in ottica di conciliabilità famiglia/lavoro - è quella di diventare papà presenti con i figli. Di sicuro i padri Millennial trascorrono più tempo con loro: otto ore a settimana secondo il Pew Research Center americano, il triplo rispetto al 1965. Anche in casa si danno più da fare: dedicano 10 ore a settimana alle faccende domestiche contro le quattro di 50 anni fa. L’obiettivo non è sostituire la mamma ma darle una grossa mano a fare (quasi) tutto.

Il dipendente Alperia: «Lavo e cucino e grazie allo smart working sono anche più presente».

Federico Petrocco, 41 anni, ritiene che ormai non ci sia quasi più differenza tra i genitori «almeno per chi vuole fare il papà per bene». Federico ha 2 figli, Francesco (5) e Matilde (2), e sua moglie Miriam Castelli lavora al 60% per Assb. «Se guardiamo indietro ai nostri genitori la suddivisione dei compiti è cambiata in modo radicale: sebbene mia moglie faccia un part-time e i bimbi stiano un po’ di più con lei io lavo, stiro e cucino. L’altra sera ho fatto lo strudel». Una delle chiavi per trovare un equilibrio in famiglia è stato (anche) lo smart working: «Alperia mi dà la possibilità di farlo tre giorni a settimana. E in pausa pranzo riesco ad attivarmi per moglie e figli. Il carico di lavoro è suddiviso in modo più equo. E per tutti, me compreso, questo ha significato ridurre in modo significativo lo stress. E la serenità familiare non ha prezzo». Petrocco riconosce peraltro che per una donna fare part-time significhi, spesso, avere meno chance di carriera: «Vero, possiamo e dobbiamo migliorare. Una delle strade potrebbe essere il congedo parentale obbligatorio per entrambi. A me è capitato di prendere 3 settimane pagate al 50%».

Il capoturno alle Acciaierie: «Pandemia utile per stabilire un rapporto più stretto coi figli».

Paolo Castelli, 44 anni di Laives, è capoturno alle Acciaierie Valbruna. «Rispetto ai tempi dei nostri genitori c’è stata una sorta di rivoluzione silenziosa. Papà, che ho perso giovane (a 56 anni ndr), aveva una ditta edile, e ce lo siamo goduto un pochino la sera e la domenica. Il perno della famiglia, è sempre stata la mamma, che era casalinga. Papà, di sicuro, i pannolini non li ha mai cambiati. I papà millennial, invece, lo fanno con grande naturalezza. Dopo il lavoro cerco di dedicarmi ai figli (Aurora ha 8 anni e Gabriele 5) per risultare un padre presente e attivo. La pandemia mi ha dato l’occasione di stringere con loro un rapporto più stretto e intenso. Mia moglie Valeria lavora part-time come educatrice in una microstruttura di Casa Bimbo (“senza le ferie delle maestre d’asilo”) e su di lei grava un carico familiare maggiore. Abbiamo raggiunto peraltro un buon equilibrio. Il congedo parentale obbligatorio? Potrebbe essere sicuramente utile anche perché gli attuali 10 giorni per i papà sono ridicoli. L’asilo a 11 mesi? È necessario per venire incontro alle tante famiglie in cui marito e moglie lavorano per poter disporre di un budget sufficiente».

Il dirigente e vicesindaco: «Lo stupore delle mamme in malga quando sono entrato nel loro bagno per usare il fasciatoio».

Giovanni Seppi, 50 anni, è dirigente comunale a Bolzano e vicesindaco di Laives. Ha due figli - Samuel di 5 anni e Raffael di 4 mesi - e la moglie Ursula Pirchstaller fa la giornalista al Dolomiten per la redazione di Bolzano. «La prima volta che ho cambiato il pannolino? È stato un po’ strano e ho dovuto prendere le misure», ride Giovanni Seppi. «Col primo figlio, Samuel, è stato un po’ più complicato ma il secondo, sul fasciatoio, si diverte forse più col papà che con la mamma». La società altoatesina è legata, peraltro, ancora a vecchi stereotipi. «Ero in un rifugio piuttosto noto a Fié allo Sciliar e dovevo cambiare Raphael. Il fasciatoio, però, c’è solo nel bagno delle donne. Le signore, vedendomi, mi hanno guardato storto. Poi hanno capito cosa facevo e ho incassato anche qualche complimento». Rispetto a suo papà, Seppi, dedica molto più tempo ai figli. «Da una generazione all’altra il cambio è stato radicale. A dettare i tempi a casa è sempre stata la mamma anche perché papà lavorava molto fuori casa. Anche oggi il peso è più sulla donna ma gli uomini, come è giusto che sia, hanno un ruolo decisamente più attivo. Ad agosto mia moglie torna a lavorare, in un settore con orari piuttosto impegnativi come quello giornalistico, e starò io due settimane full time con i bimbi. Sarà una bella sfida. Devo dire che i due anni abbondanti di pandemia sono serviti a stabilire un legame più stretto con Samuel e ora, visti i risultati, vorrei fare lo stesso per Raphael». Nelle chance di carriera le donne sono oggettivamente penalizzate: «Spesso fanno il part time e interrompendo il lavoro durante la gravidanza possono perdere treni importanti. Ma ritengo che la società sia sulla strada giusta per trovare nuovi equilibri, a beneficio di tutti».













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