San Paolo: appello degli Schützen per Oberleiter, Forer e Steger

SAN PAOLO. Sono passati 54 anni da quel 7 dicembre del 1964, quando a causa di un infarto se ne andava Sepp Kerschbaumer, detenuto nel carcere di Verona dopo una condanna a 15 anni per attività...


Jimmy Milanese


SAN PAOLO. Sono passati 54 anni da quel 7 dicembre del 1964, quando a causa di un infarto se ne andava Sepp Kerschbaumer, detenuto nel carcere di Verona dopo una condanna a 15 anni per attività terroristica. Con il motto “Holt sie endlich Heim” (è ora di riportarli a casa) in una cerimonia pubblica a San Paolo il Südtiroler Schützenbund anche quest'anno ha commemorato la figura del fondatore nel 1956 del Befreiungsausschuss Südtirol, ovvero il Comitato per la liberazione del Sudtirolo. Un movimento, il Bas, al quale aderirono Sepp Innerhofer e Georg Klotz ma anche da Luis Amplatz che per un decennio, almeno fino al 1969, si rese responsabile di una serie di azioni terroristiche con lo scopo di perseguire l'autodeterminazione dell'Alto Adige attraverso la secessione dall'Italia e l’annessione all'Austria. «La dignitosa commemorazione presso il cimitero di San Paolo per il nostro Sepp Kerschbaumer è stato anche un silenzioso ricordo di Sepp e dei suoi combattenti per la libertà esiliati in Austria ai quali è ancora vietato rientrare», scrive in un comunicato lo Schützenbund. I festeggiamenti sono iniziati con il benvenuto di Roland Lang, Obmann della Heimatbund sudtirolese, seguito dalla omelia di padre Benedikt Sperl. «Alla manifestazione in ricordo della figura di Kerschbaumer si sono presentate, nonostante la pandemia, circa 200/300 persone in un’occasione importante per noi – spiega Lang – perché Sepp rappresenta un simbolo della fiamma della libertà in un periodo, gli anni Sessanta, dove i sudtirolesi resistevano all’idea di diventare minoranza all'interno di una nazione che non percepivano e percepiamo tuttora come nostra», rimarca Lang che ricorda in questo modo Kerschbaumer. «Sepp era un cattolico tirolese che ogni giorno andava a messa in bici e allo stesso tempo non era un dinamitardo come qualcuno vorrebbe fa credere: credeva nei suoi ideali e nella sua Heimat non avendo problemi con gli italiani, semmai con lo Stato», sottolinea Lang. «Sepp faceva credito agli italiani, ad uno di questi ha regalato la bici per permettergli di fare acquisti nel suo negozio. Non combatteva contro le persone e quando il cantoniere Giovanni Postal è caduto nel tentativo di disinnescare una bomba, lui si è dispiaciuto. Infatti, nel processo a Milano, Sepp si è preso le sue responsabilità ma i giudici hanno detto che era una persona per bene, non un guerrigliero», conclude Lang. Nel corso della manifestazione, il discorso commemorativo è stato tenuto Renato des Dorides, vicecomandante regionale della Federazione degli Schützen, che negli anni del terrorismo non ha mancato di aiutare le famiglie dei dinamitardi, sostenendole finanziariamente. Ma ecco le parole di des Dorides: «Oggi ricordiamo anche i combattenti per la libertà attivi degli anni Sessanta che vivono ancora in esilio lontano da casa, perseguitati dallo Stato italiano. Il loro desiderio di rivedere la patria per la quale hanno lottato e rischiato la vita, di visitare i loro amici e vicini, di soffermarsi sulle tombe dei loro genitori e dei loro familiari è un desiderio che tocca tutti profondamente nel cuore. È tempo che lo Stato italiano permetta ai pochi altoatesini ancora in esilio di tornare in patria senza ulteriori persecuzioni dopo oltre 50 anni di esilio. Sarebbe un atto umano di riconciliazione». Ancora più specifico Jürgen Wirth Anderlan, comandante provinciale degli Schützen: «Quest'anno noi sudtirolesi non abbiamo potuto lasciare la nostra casa per circa 70 giorni, ma ci sono tre uomini ai quali da 19.000 giorni è negato il permesso di entrare in casa loro. Cari rappresentanti del Paese – spiega Anderlan - dimostrateci che non avete una spina dorsale di gomma e portate finalmente a casa Heinrich Oberleiter, Josef Forer e Siegfried Steger, perché non vi resta molto tempo», ha concluso il comandante Anderlan. Una personalità complessa, quella di Kerschbaumer, capace di radunare attorno alla sua persona e alle sue idee politiche un serie di sudtirolesi, alcuni dei quali con un passato da simpatizzanti dei nazisti. Già membro della Svp che aveva però lasciato per abbracciare l'ideologia irredentista, il gruppo di Kerschbaumer iniziò la sua azione politica con una serie di volantinaggi per passare poi alle prime azioni dinamitarde, come quella del 22 novembre 1957, quando a Montagna venne minata la tomba di Ettore Tolomei. Nel corso di un attentato perse la vita, appunto, Giovanni Postal. Come negli anni scorsi, al termine dei discorsi commemorativi è stata suonata la canzone del "Buon Compagno" con deposizione di corone presso quella che fu la tomba di Sepp Kerschbaumer. Nel corso della cerimonia, non è mancato un riferimento ai compagni d'armi di Sepp Kerschbaumer, ovvero Franz Höfler, Anton Gostner, Luis Amplatz, Jörg Klotz, Kurt Welser e tutti quelli che hanno partecipato alle operazioni del Comitato per la liberazione del Sudtirolo. Infine, il classico sparo a salve da parte della compagnia degli Schützen “Sepp Kerschbaumer” di Appiano, con intonazione sia dell'inno nazionale tirolese sia di quello nazionale austriaco.















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