La scoperta

Un sito per cremare resti umani dell’Età del Bronzo a Salorno 

Un nuovo studio pubblicato su Plos One getta nuova luce sui riti funerari dal 3400 a.C. al 600 a.C al Dos de la Forca. Trovata una quantità senza precedenti di resti umani cremati (circa 63,5 chilogrammi)



SALORNO. Sensazionale scoperta a Salorno, in zona Dos de la Forca, dove è stato scoperto un sito di cremazione di resti umani in Alto Adige che svela i misteri dell'Età del bronzo. Un nuovo studio pubblicato su Plos One getta nuova luce sui riti funerari dal 3400 a.C. al 600 a.C. Si tratta di un’area di cremazione che rappresenta un unicum per quantità di resti bruciati e che potrebbe anche rivelare una nuova modalità funeraria, non comune nell’età del Bronzo.

Il sito oggetto di ricerca è situato sulla sponda sinistra dell'Adige all’altezza della Chiusa di Salorno, è datato alla fine dell’Età del Bronzo (ca. 1150-950 a.C.) e ha restituito una quantità senza precedenti di resti umani cremati (circa 63 kg), insieme a frammenti di ossa animali bruciate, cocci di ceramica e altri corredi funerari in oro, bronzo, osso, palco di cervo e pasta di vetro.

Gli scavi, effettuati negli anni ’80 del secolo scorso, hanno portato alla luce una delle più rare e significative documentazioni di resti umani cremati conservati in un'antica piattaforma di cremazione (ustrinum), che hanno potuto essere analizzati solamente di recente dal team di ricerca. Nonostante l’elevato grado di frammentazione dei resti cremati e la mancanza di informazioni relative ai singoli individui, l’analisi bioarcheologica ha potuto beneficiare di una dettagliata documentazione spaziale e stratigrafica nel tentativo di proporre alcune interpretazioni del rituale e della pratica della raccolta e deposizione delle ossa cremate in una prospettiva geografica e storica più ampia.

L’assenza del ritrovamento di una necropoli contemporanea associata all'ustrinum non consente di escludere che Salorno sia quanto rimane di una pira funeraria utilizzata per molti corpi nel corso dei circa duecento anni stabiliti dalla tipologia dei corredi e della ceramica. Al tempo stesso, non si può escludere l’ipotesi che Salorno sia al contrario un luogo sia di cremazione che di sepoltura dei corpi. Il sito funerario potrebbe essere stato utilizzato da una piccola comunità per otto generazioni, forse un'élite locale o un gruppo sociale più ampio composto da poche famiglie facenti parte di uno o più villaggi.

«Solitamente, infatti, la combustione del defunto e la raccolta dei resti avvenivano in un luogo differente da quello di sepoltura; a Salorno, invece, il luogo di combustione combacia con quello di seppellimento, il che indicherebbe una deviazione dalla norma funeraria», spiega il bolzanino Umberto Tecchiati, docente di Preistoria ed Ecologia preistorica della Statale di Milano.

Il ritrovamento è un unicum nel suo genere e ha da subito destato un interesse particolare, perché ha offerto la possibilità di ricostruire nel dettaglio un rituale funerario protostorico non documentato prima. La maggior parte della documentazione archeologica funeraria di questo periodo, infatti, attiene a urne cinerarie o resti umani cremati che, in quanto elementi selezionati per la sepoltura, impediscono la comprensione da parte degli scienziati di altri aspetti del rituale funerario (preparazione, contesto, eventuali libagioni da parte dei vivi, etc.) che il sito di Salorno può finalmente provare a far immaginare. MAX.BO.













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