i dati

A Bolzano c’è l’emergenza casa, ma 550 alloggi sociali sono vuoti 

La relazione di Sbetti e Morello in Consiglio: mancano 4.500 appartamenti, senza contare gli studenti. L’Areale - in tempi lunghi - ne coprirà solo 1.600. Della Ratta: «Finalmente abbiamo i numeri e non solo le parole»



BOLZANO. Dalle strettoie delle case che non ci sono e, se ci sono, stanno vuote, Bolzano non esce. Due numeri: da qui a circa dieci anni servono oltre 4.500 alloggi ma dall’Areale che verrà, il quadrante da cui dipende ogni speranza, ne arriveranno massimo 1600. Le altre? Già adesso, ed è una cifra sottostimata, il fabbisogno è di 2458. Ora, non domani. Sottostimata perché? «Non si tiene conto delle esigenze mobili di settori come gli studenti e i lavoratori» dicono gli architetti Francesco Sbetti e Peter Morello E dunque di ambiti abitativi legati a flussi in divenire ma che già in questi mesi hanno mostrato evidenti criticità.

I due, impegnati in passato nei piani urbanistici bolzanini, sono piovuti l’altra sera in consiglio comunale per far comprendere come, per mettere in atto politiche di contrasto alla carenza abitativa, occorre pensarci oggi per dopodomani. E, guardando ai dati, che molto di quello che è stato messo in campo e che lo sarà, vedi Areale, e forse tra 15 anni, probabilmente non basterà a fare di Bolzano una città in grado di dare a tutti un tetto e a garantirsi uno sviluppo strutturato.

«La pianificazione si fa sui numeri - ha osservato Stefano Fattor - e quelli spiegano come farla procedere. Spesso invece, - insiste l’assessore dem - si è andati a caso nella predisposizione delle politiche abitative».

E dalle opposizioni: «Finalmente abbiamo i numeri e non solo le parole» ha detto a sua volta Claudio Dalla Ratta.

I quali numeri sono inseriti da una serie di considerazioni generali. Ad esempio: metà degli sfratti eseguiti o in corso in tutta la Provincia avvengono a Bolzano. Questo significa che le dinamiche della domanda e dell’offerta (nonostante che, delle 50 mila famiglie bolzanine, quasi 30 mila siano proprietarie di casa e 21 mila in affitto) sono sconnesse. Sia per la carenza di aree che per il carovita e dunque i prezzi.

Poi c’è la questione degli alloggi vuoti. Che non toccano solo il privato, con possibili attività anche speculative, ma incidono pesantemente sullo stesso patrimonio pubblico. A Bolzano sono infatti presenti 2.600 alloggi convenzionati, ebbene, di questi, 550 risultano non occupati.

Complessivamente, tra pubblico e privato, sono migliaia le case formalmente libere, ma, come detto, tra quelle di proprietà pubblica o convenzionate il numero non è di poco conto. E fa pensare che vi siano ampi margini, non tanto per indurre i privati ad affittare (le ultime manovre sull’Imi pare siano risultate inefficaci e comunque si toccherebbero garanzie costituzionali) quanto per coordinare meglio le stesse strutture organizzative pubbliche.

Sbetti e Morello hanno suggerito di muoversi nell’immediato sul piano politico, suddividendo le strategie di intervento in un quadro di maggiore chiarezza complessiva.

«Il Comune è chiamato ad agire su due fronti - è stato detto - uno riguarda le politiche abitative, l’altro quelle urbanistiche».

La prime hanno come obiettivo le azioni sui prezzi, sui sussidi, si muovono intorno a metodologie di connessione tra le azioni del Comune e quelle della Provincia avendo chiari gli obiettivi di riferimento.

Le politiche urbanistiche invece, impongono delle scelte. Che non sono solo applicabili all’interno di approcci già conosciuti, come quelli del costruire sul costruito, il recupero del patrimonio già esistente ma anche sul riuso delle aree. Anche se il loro impiego in prospettiva non riuscirà a raggiungere il numero indicato come risposta definitiva al fabbisogno (i 4500 alloggi da qui al 2035) comunque una accelerazione su questo fronte e maggiori certezze aiuterebbero, come si dice.

E quali lotti? Naturalmente l’Areale (anche se gli stessi architetti hanno ammesso che i tempi saranno molto lunghi) ma poi anche le caserme, come la Huber, e ancora le piccole zone artigianali di via Druso.

Messi insieme, questi lotti potrebbero avvicinare i dati del fabbisogno.

«Ma poco si muove» dicono dalle opposizioni.

P.CA.

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