Ada Vita: «A 96 anni lotto contro il virus: è orrendo»
L’intervista. L’appello della storica crocerossina bolzanina: «Fate attenzione, rispettate le regole. Questa è una malattia terribile che ti toglie il fiato assieme alla voglia di vivere»
BOLZANO. «Questo è un virus orrendo che ti toglie il respiro. Se non ti danno subito l’ossigeno, soffochi. E assieme all’aria a me sta togliendo la voglia di lottare». Ada Vita - 96 anni bolzanina, istituzione della Croce rossa, infermiera volontaria in tanti scenari di guerra e nella missione di pace italiana dell’ ’82 in Libano; autrice di diari scritti da ragazza in cui raccontava gli anni bui della Seconda guerra mondiale a Bolzano - dalla fine di ottobre è ricoverata a Villa Melitta, con una polmonite causata dal Covid.
La tosse e il respiro corto la costringono a fermarsi spesso e ad ingurgitare ossigeno, ma il tono - appena riprende fiato - è ancora deciso, tipico di un carattere forte come il suo. Lo stesso di un anno fa, quando all’Upad di via Firenze aveva voluto incontrare Paolo Nespoli, l’astronauta conosciuto 37 anni prima in Libano: lei infermiera volontaria della Croce rossa, lui sergente maggiore paracadutista. A Nespoli aveva regalato il libro dei ricordi intitolato “100 giorni a Beirut”, dove si parla anche di lui.
Signora, come si sente?
Male. Questa è una malattia orrenda: non ti fa respirare e devi - come capita a me - stare attaccata all’ossigeno. La mattina mi sveglio che ho la testa “gonfia” e mi sembra di non essere più in grado di ragionare. È una sensazione terribile. Mi telefonano conoscenti da tutt’Italia, ma faccio una fatica enorme a parlare. Alle volte, anche con mia nipote che abita a Verona e mi chiama spesso per vedere come sto, mi limito ad un “Ciao”, di più non posso.
Perché ha chiamato il nostro giornale?
Perché - nonostante mi costi parecchia fatica - voglio lanciare un appello. Voglio dire alla gente di stare attenta. Di rispettare le regole, perché la sensazione di soffocare è tremenda. Ho avuto una crisi qualche giorno fa, sono stata malissimo. Al punto di chiedermi se valga la pena di continuare a lottare: in queste condizioni, meglio un colpo e via.
Lei non è stata abbastanza attenta?
Io sono stata molto attenta. In casa abito da sola e uscivo sempre in macchina per andare a pranzo al ristorante Hofer di via Bergamo. Mangiavo da sola; sempre con la mascherina e poi tornavo a casa.
E quindi come ha fatto a contagiarsi?
Temo che sia successo in ospedale, dopo che il 28 ottobre, giorno del mio 96esimo compleanno, ho avuto un grosso problema al ginocchio e sono dovuta andare lì. Il male non passava e sono tornata anche il giorno successivo. Ricoverata in reparto, ho saputo poi di essere positiva al Covid.
Scusi, ma non aveva sintomi?
I primi 4-5 giorni niente. Poi è iniziata la tosse e respirare è diventato sempre più difficile. Invece non ho mai avuto febbre.
E a Villa Melitta come si trova?
Siamo in quattro in stanza, ma devo dire che sono seguita in modo professionale: qui sono molto bene organizzati. Nonostante i lunghi mesi di stress - tranne qualche eccezione - c’è anche grande umanità con i pazienti.
Lei è stata per tanti anni infermiera volontaria della Croce rossa, più di qualsiasi altra può capire le difficoltà in cui opera il personale medico-infermieristico.
Le capisco perfettamente: devono lavorare bardati di tute e maschere per proteggersi dal rischio contagio. Noi pazienti li riconosciamo dal nome scritto a stampatello sulle tute o dagli occhi.
Quando la dimetteranno?
Non lo so. Purtroppo, il Covid mi ha tolto l’autonomia che avevo fino ad un mese fa, quando mi muovevo ancora in macchina. E in casa mi sono sempre arrangiata da sola: stavo lavorando alla cartella dei diari su mia nipote. Adesso, purtroppo, ogni movimento mi comporta sforzi enormi.
Ci vorrà ovviamente un po’ di tempo per riprendersi da una batosta come questa.
Non ho dubbi, peccato che a 96 anni, non rimanga più molto tempo a disposizione.